Archivio di Novembre 2018

Una proposta per limitare le patte negli scacchi.

Dopo aver detto la mia opinione sull’alto numero della partite patte nel Campionato mondiale tra Carlsen e Caruana, e stimolato dalle numerose opinioni per limitare il numero delle partite patte, voglio lanciare una pubblica proposta per limitare i pareggi sia nei tornei ufficiali, sia nei match di alto livello. Ma prima voglio dar conto di una panoramica storica sull’evoluzione del gioco…
Quando il gioco degli scacchi passò dal mondo islamico in Europa le regole del gioco erano di gran lunga diverse da quelle che conosciamo oggi, tanto che per rendere il gioco un po’ più dinamico gli Italiani inventarono il movimento della Regina “a la rabiosa” cioè libera di potersi muovere senza limiti in linea retta (prima muoveva all’incirca come il Re, di un solo passo in ogni direzione). Già gli Indiani, a cui si attribuisce l’invenzione degli scacchi, per velocizzare il gioco avevano stabilito delle posizioni inoltrate di gioco da cui partire (le cosiddette Tabija o anche Tabi), un po’ come se oggi si partisse tematicamente dalla 10^ mossa di una variante teorica.
Il grande campione del passato José Raul Capablanca, che per stile di gioco può essere paragonato agli attuali campioni che impressionano per precisione, aveva già preventivato – ad un certo punto della sua straordinaria carriera – la “morte per patta” del gioco degli scacchi, tanto che era persuaso che si dovesse allargare il gioco ad una scacchiera 10×10 con due nuovi pezzi. Lo stesso Bobby Fischer in un impeto di rottura rispetto al passato (preoccupato dell’eccessiva preparazione teorica degli avversari sovietici) aveva proposto di sorteggiare la posizione dei pezzi sulla prima traversa (la variante Fischer-random o la sua evoluzione di Scacchi 960).
Sono stati inoltre sperimentati sistemi diversi di punteggio, per esempio 0 per la sconfitta, 1 per il pareggio e 3 per la vittoria; ma anche questo ha dato adito a notevoli polemiche (che condivido) perché due partite patte varrebbero meno di una sconfitta e una vittoria. In molti tornei si è anche applicata la norma che non si può fare patta d’accordo (prevista dal regolamento degli scacchi) prima della trentesima mossa. Questo ha solo spostato in là il problema senza minimamente risolverlo.
Ora c’è una proposta provocatoria del GM Miguel Illescas, che potete leggere qui, che prevede una sorta di clessidra: al termine di una partita patta i giocatori fanno una nuova partita, alternando i colori, con il tempo residuo sui rispettivi orologi, e in caso di nuova patta si ripete il meccansmo ad oltranza, sino ad una inevitabile vittoria…

E veniamo alla mia modesta proposta.

Poiché statisticamente c’è una percentuale di successo del Bianco del 55% rispetto al 45% del Nero (qui sono conteggiate ovviamente anche le partite patte) allora sarebbe interessante attribuire, in caso di pareggio, 0,45 al Bianco e 0,55 al Nero (o se non piacciono i decimali introdurre una nuova numerazione su base 100, attribuendo appunto 55 e 45).
Questo eviterebbe per esempio le patte strategiche dei GM nei tornei, perché essendo asimmetrico il punteggio non conviene più al giocatore col Bianco, che invece deve cercare di giocare per la vittoria. Per la vittoria col bianco si attribuisce un punteggio di 95 (naturalmente esperti di statistica potranno tarare meglio i punteggi, che so 90/110) mentre una vittoria del Nero varrebbe 105.

Riepilogo punteggi relativi:

Pareggio col Bianco: 0,45 oppure 45/100
Pareggio col Nero: 0,55 oppure 55/100
Vittoria col Bianco: 0,95 oppure 95/100
Vittoria col Nero: 1,05 oppure 105/100

Si potrà obiettare che questo sistema non avrebbe prodotto nulla nel match di cui stiamo parlando, perché sarebbero comunque al termine in parità assoluta, ma a parte il fatto che funzionerebbe in tutti i tipi di torneo, ma sono sicuro che questo sistema avrebbe contribuito ad una maggiore propensione per l’attacco, in entrambi i giocatori avendo introdotto un sistema “premiale” rispetto al colore.
Se dopo un anno, su base statistica, l’introduzione di questo sistema di punteggio portasse per esempio la percentuale di successo al 51%  a favore del Bianco contro un 49% per il Nero si dovrebbe attualizzare il sistema di conseguenza.
Ecco la mia modesta proposta per provocare altre chiacchiere sulla possibilità di pareggiare che come ho scritto nel mio precedente post è invece il risultato più giusto di una partita giocata bene da entrambi, e chi volesse spettacolo e botte da orbi si guardasse il Catch.

“Mu-to”: grande equilibrio nel Campionato mondiale di scacchi.

Dopo la decima partita il risultato del match mondiale tra il Norvegese Magnus Carlsen (campione in carica) e l’Italo-Americano Fabiano Caruana (lo sfidante) è di 5-5, risultato di ben dieci patte. Per questo motivo nel mondo degli appassionati sono piovute tantissime critiche, sulla preparazione troppo basata sui software scacchistici, sulla presunta volontà di Carlsen di attendere le partite di spareggio a tempo più rapido (dove il distacco, sulla carta, tra i due lo vede nettamente favorito), sulla presunta volontà di Caruana di non voler rischiare nulla (direi che la maggior parte delle partite ha dimostrato il contrario).
Allora voglio fare alcune considerazioni, partendo da un aforisma di Bobby Fischer (migliaia di volte tirato in ballo a sproposito dai combattenti da tastiera, purtroppo – con l’avvento dei motori on-line – sdoganati anche nel mondo degli scacchi):

Penso che sia quasi certo che la partita di scacchi sia teoricamente patta.

(“I think it’s almost definite that the game is a draw theoretically”, che qualche genio ha tradotto con “La partita di scacchi è un disegno tecnico”). Ecco, secondo me, i commenti dei “tifosi” di scacchi (non mi viene in mente altro appellativo) sono tutti riassunti da questo equivoco che si può trovare in rete…

La differenza tra i due giocatori è veramente minima, le patte lo hanno dimostrato, e quindi stanno onorando il match con un gioco estremamente preciso ed equilibrato, con uno sguardo d’insieme a tutta l’economia del Campionato: entrambi stanno camminando sulla Storia, e credo che nessuno dei due voglia essere ricordato per qualche ingenerosa “cappella” tanto frequenti nelle partite di noi altri giocatori di scacchi.
Ricordo, da praticante di arti marziali, che in tempi mitici di combattimenti di Samurai, dove la vittoria e la sconfitta riguardavano la stessa sopravvivenza dei contendenti, che esisteva un combattimento “ideale” senza alcun attacco sconsiderato: dopo vari movimenti di studio di entrambi la sfida si concludeva praticamente senza alcun colpo. Questo combattimento, in cui entrambi riconoscevano il valore dell’avversario, si chiamava Muto (in Giapponese) ed era considerato la summa dell’Arte marziale per eccellenza.

Detto questo, poiché le regole del match non prevedono che non ci sia un vincitore, la situazione si sbloccherà comunque, e va dato atto a Fabiano Caruana che ci sta tentando in tutti i modi: con novità in apertura, con grande precisione nel mediogioco e persino con pari tecnica nei finali. Diversi sono stati da ambo le parti i sacrifici di pedone per l’iniziativa e i tentativi di gioco su tutta la scacchiera, per i veri appassionati di scacchi lo spettacolo c’è stato lo stesso ed io mi auguro che i più attenti commentatori mettano in rilievo che il grande equilibrio dell’incontro fa parte della bellezza del nostro gioco.