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Scacco al tempo: Samuel Reshevsky

Nel mondo degli scacchi pochi campioni hanno incarnato un paradosso più umano e frustrante di Samuel Reshevsky. La sua carriera, che abbraccia oltre mezzo secolo, è la storia di una trasformazione unica: da enfant prodige che incantava le corti europee a grande maestro di caratura mondiale. Questo articolo esplora la dualità centrale della sua personalità scacchistica (sintetizzata in un ottimo articolo di Claudio Sericano per Uno Scacchista): da un lato, il “cobra“, un giocatore posizionale tenace e quasi meccanico nella sua precisione; dall’altro, l'”asino“, un avversario notoriamente afflitto da cronica crisi di tempo (Zeitnot) e soggetto a errori decisivi. Questa contraddizione non sminuisce il suo ruolo storico cruciale come principale sfidante occidentale all’egemonia della scuola scacchistica sovietica nel dopoguerra.

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1. La vita innaturale di un “Enfant Prodige”

La storia di Reshevsky inizia in modo quasi fiabesco. A partire dal 1915, il giovanissimo Samuel intraprese tournées attraverso l’Europa e gli Stati Uniti, esibendosi in simultanee che lasciavano sbalorditi maestri e profani. La sua fama era tale che già nel 1918, un aneddoto lo ritrae mentre sconfigge senza alcuna intimidazione un presuntuoso generale tedesco, un primo assaggio della tenacia che avrebbe caratterizzato tutta la sua carriera.

La percezione di quella vita, tanto straordinaria quanto anomala per un bambino, è catturata dalle sue stesse parole, come riportate da Garry Kasparov. Reshevsky rifletteva su un’infanzia che, pur nelle sue stranezze, non era priva di gratificazioni.

Naturalmente, era una vita innaturale per un bambino, ma aveva le sue compensazioni e non posso onestamente dire che non mi piacesse. C’era l’emozione di viaggiare di città in città con la mia famiglia, l’eccitazione di giocare centinaia di partite a scacchi e vincerne la maggior parte, la consapevolezza che c’era qualcosa di ‘speciale’ nel modo in cui giocavo a scacchi, anche se non sapevo spiegare il perché.”.

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2. Lo stile: una macchina con un’anima umana

L’approccio di Reshevsky alla scacchiera era un complesso miscuglio di forza sovrumana e fragilità umana, che rifletteva perfettamente la sua duplice natura.

2.1 Il “cobra”: tenacia e calcolo

Nei suoi momenti migliori, il gioco di Reshevsky era di una purezza quasi meccanica. Garry Kasparov lo descrisse come come una macchina che calcola ogni possibile variante , un giocatore che trovava le mosse migliori attraverso un rigoroso processo di esclusione. La sua forza risiedeva in una profonda comprensione posizionale, una tenacia difensiva leggendaria e una capacità quasi infallibile di superare gli avversari in lunghe e complesse battaglie strategiche. Era un lottatore nato, capace di estrarre una vittoria da posizioni apparentemente pari. Questa eliminazione metodica delle mosse inferiori gli permetteva di sfiancare gli avversari con una precisione implacabile, anche quando la posizione non offriva evidenti spunti tattici.

2.2 L’asino: la maledizione del tempo

La più grande debolezza di Reshevsky, tuttavia, era altrettanto celebre quanto la sua forza: la cronica crisi di tempo. Lo Zeitnot era il suo compagno costante, una maledizione che lo portava a commettere errori altrimenti inspiegabili. Bobby Fischer, nelle sue note a My 60 Memorable Games, evidenzia come Reshevsky, mentre era in gravissimo zeitnot,” non vide una facile patta nella loro partita del 1961. L’esempio più drammatico di questo difetto rimane la partita contro Mikhail Botvinnik al Torneo Mondiale del 1948, dove, come analizzato da Kasparov, come riporto più in basso, un errore dopo l’altro trasformò una posizione vinta in una sconfitta cocente, costandogli probabilmente la possibilità di lottare per il titolo.

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3. Una carriera forgiata nelle arene internazionali

La longevità di Reshevsky gli permise di attraversare diverse epoche scacchistiche, affrontando campioni di generazioni diverse e lasciando un’impronta indelebile in ogni fase della sua carriera.

3.1 L’ascesa tra i grandi

L’ingresso ufficiale di Reshevsky nell’élite mondiale avvenne con la sua vittoria al torneo di Kent County nel 1935, dove si classificò davanti alla leggenda vivente José Raúl Capablanca. Questo successo non fu solo una vittoria prestigiosa, ma un momento di svolta.

Nelle sue stesse parole, come citato da Kasparov, quell’evento fu il punto di svolta nella mia carriera scacchistica , la conferma che poteva competere e vincere ai massimi livelli.

3.2 L’unico sfidante dell’Ovest

Nel dopoguerra, mentre la scuola sovietica stabiliva un dominio quasi assoluto sulla scena internazionale, Reshevsky emerse come il suo principale e più ostinato avversario occidentale. Un commentatore dell’epoca sintetizzò perfettamente il suo ruolo storico: Solo Reshevsky, tecnicamente non più russo, continuava a combattere sulle arene internazionali.

Il torneo-match per il Campionato del Mondo del 1948, che vide Botvinnik incoronato, fu l’evento emblematico di questo periodo, con Reshevsky unico rappresentante del mondo non sovietico a lottare per la corona.

3.3 Rivalità americane: Najdorf e Fischer

La carriera di Reshevsky fu segnata anche da due intense rivalità interne al mondo americano. Contro Miguel Najdorf, combatté per vent’anni, mantenendo una chiara supremazia, come testimonia il punteggio finale di 19-10 a suo favore.

Ben più acrimonioso fu il suo rapporto con Bobby Fischer. La loro animosità era leggendaria, culminata in un aneddoto dalla Piatigorsky Cup, dove si dice che Reshevsky abbia dichiarato: “Sarei felice di arrivare diciannovesimo, purché Fischer sia ventesimo!“.

La rivalità si estese anche al di fuori della scacchiera, con una disputa finanziaria che portò Fischer a rifiutare la partecipazione alla Piatigorsky Cup del 1963.

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4. Una partita emblematica: Reshevsky vs. Botvinnik, 1948

Nessuna partita illustra la dualità di Reshevsky meglio del suo scontro con Mikhail Botvinnik al Torneo per il Campionato del Mondo del 1948. In un contesto di massima importanza, Reshevsky, giocando con il Nero, costruì magistralmente una posizione vincente contro il futuro campione del mondo. La sua strategia era impeccabile, la sua comprensione posizionale superiore.

Tuttavia, avvicinandosi alla fase decisiva, la maledizione dello Zeitnot colpì inesorabilmente. Come documentato da Kasparov nella sua analisi, Reshevsky commise due errori fatali. Nel primo si lasciò sfuggire una vittoria evidente “, trasformando una vittoria sicura in una posizione ancora complessa. Il secondo, un un errore clamoroso che perse immediatamente. In questo singolo incontro si condensa l’intera, paradossale natura di Samuel Reshevsky: un genio capace di dominare i più grandi, ma perseguitato da un demone interiore che spesso lo privava del meritato trionfo.

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5. Conclusione: l’eredità di un lottatore

Samuel Reshevsky non fu un artista romantico come Tal, né un genio impeccabile come Capablanca. La sua eredità è quella di un lottatore tenace, un combattente la cui grandezza era tanto nel suo straordinario talento quanto nella sua profonda e a tratti frustrante umanità. La sua importanza storica come baluardo occidentale e la sua incredibile longevità lo collocano di diritto nel pantheon dei più grandi di sempre. Forse, il testamento definitivo del suo spirito indomito risiede nei suoi ultimi desideri, riportati da Kasparov: giocare un match contro un giovane grande maestro e tornare a visitare la sua natia Polonia. Un ultimo, commovente tributo a un amore per il gioco che non si è mai spento.

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Bibliografia

Fonti Primarie

Fischer, Robert J.My 60 Memorable Games, Batsford, 2008.

Nota: Fornisce un resoconto di prima mano, sebbene di parte, delle partite contro Reshevsky, offrendo dettagli cruciali sulla sua gestione del tempo e sui suoi errori tattici.

Fonti Secondarie

Fonti Digitali o Online