L’inossidabile Robert Hübner

Robert Hübner: il professore, il poliglotta, il perfezionista
Esistono campioni definiti dalle loro vittorie, e poi esistono figure come Robert Hübner, la cui grandezza si misura tanto nei trionfi quanto nei principi incrollabili che gli costarono il titolo mondiale. Con la sua recente scomparsa, all’età di 76 anni, il mondo degli scacchi ha perso non solo il più forte giocatore tedesco dopo Emanuel Lasker, ma un intellettuale unico la cui storia trascende la scacchiera. Numero tre del mondo nel 1980, in un’epoca dominata dai giganti sovietici, Hübner fu un brillante accademico e un formidabile scacchista, la cui personalità rigorosa si scontrò spesso con le pressioni del professionismo. La sua è la storia di un genio poliedrico che ha cercato di conciliare la profondità del pensiero con la ferocia della competizione, lasciando un’eredità che non è solo una cronaca di partite, ma una testimonianza di carattere e integrità.
1. Il doppio talento: scacchi e papirologia
La carriera di Robert Hübner fu un raro esempio di eccellenza in due campi apparentemente distanti: la scacchiera e l’accademia. La sua ascesa scacchistica fu fulminea: divenne Maestro Internazionale nel 1969 e, a soli 22 anni, nel 1971, ottenne il titolo di Grande Maestro, il più giovane della Germania all’epoca.
Eppure, dietro il prodigio della scacchiera si celava un’altra identità, forse ancora più profonda: quella dell’accademico. Fino al 1982, Hübner non fu mai un professionista a tempo pieno, dedicando gran parte delle sue energie al lavoro di papirologo presso l’Università di Colonia, dove si distinse per la sua capacità di decifrare e trascrivere testi antichi. Era lo stesso rigore intellettuale che applicava alla papirologia a spingerlo verso imprese linguistiche prodigiose. Poliglotta, parlava fluentemente italiano e finlandese; un celebre aneddoto racconta che imparò quest’ultima lingua, complessa e isolata, al solo scopo di poter analizzare una partita con il Grande Maestro Heikki Westerinen.
Questa combinazione di profondità intellettuale e distacco dal mondo convenzionale lo rese una figura unica. Possedeva una vasta collezione di fumetti di Asterix, ma confessò candidamente di non aver mai sentito nominare Elvis Presley, incarnando l’immagine di un uomo la cui ricchezza culturale risiedeva in nicchie lontane dalla cultura di massa.
2. Lo stile: perfezionismo e profondità strategica
Lo stile di gioco di Robert Hübner rifletteva la sua personalità: profondo, tenace e perfezionista. Era noto per la sua difesa, descritta da alcuni come “iper-passiva“, ma incredibilmente resistente. Capace di difendere posizioni difficilissime per ore, logorava gli avversari con una perseveranza quasi sovrumana. A chi gli chiedeva il senso di continuare a lottare in posizioni apparentemente perse, rispondeva con la sua massima: “Ogni 20 anni arriva Babbo Natale“.
Il suo contributo alla teoria delle aperture è indelebile. La Variante Hübner della Difesa Nimzo-Indiana (1. d4 Cf6 2. c4 e6 3. Cc3 Ab4 4. e3 c5) è ancora oggi una delle linee principali, testimonianza della sua profonda comprensione strategica.

Ma è nell’analisi che il suo perfezionismo emergeva in tutta la sua grandezza, trasformandosi in una ricerca quasi accademica della verità assoluta sulla scacchiera. Le sue annotazioni erano famose per essere estremamente dettagliate, ricche di varianti complesse e approfondite fino all’inverosimile. In un aneddoto raccontato dal GM Ben Finegold, a un collega che gli faceva notare che nessuno avrebbe mai letto analisi così fitte, Hübner rispose con un candore che era la sua firma: “Non le scrivo perché le leggano. Le scrivo per me stesso“.
3. La corsa al titolo mondiale: trionfi e travagli
La carriera di Hübner ai massimi livelli fu segnata da una serie di tentativi di conquistare il titolo mondiale, episodi drammatici e controversi che hanno definito la sua eredità tanto quanto le sue vittorie.
- 3.1. Siviglia 1971: la polemica con Petrosian Nel suo primo match dei Candidati, si trovò di fronte l’ex campione del mondo Tigran Petrosian. L’incontro, disputato a Siviglia, terminò in modo brusco: dopo aver perso la settima partita, Hübner si ritirò dal match per una polemica legata all’eccessiva rumorosità della sala di gioco, adiacente a una strada dove erano in corso dei lavori. Il paradosso della situazione, che ne accentuò il dramma, era che Petrosian soffriva di sordità e, per non essere disturbato, gli era sufficiente spegnere il suo apparecchio acustico.
- 3.2. Merano 1980: lo scontro con Korchnoi Il suo percorso più promettente fu nel ciclo 1980-81. Dopo aver superato Adorjan e Portisch, raggiunse la finale dei Candidati contro il temibile Viktor Korchnoi. Hübner era in vantaggio nel match quando, nella settima partita, commise una grave svista in un finale pari e perse. Il crollo non fu tecnico, bensì psicologico. Sopraffatto dalla fatica e dalla pressione, si ritirò dal match. In una celebre intervista alla rivista tedesca Der Spiegel, intitolata “Non come una scimmia nello zoo“, spiegò che la sua decisione non era dovuta a colpe dell’avversario, ma all’insostenibile tensione “attorno” all’evento, un’atmosfera da circo incompatibile con la sua natura e il suo rigore intellettuale.
- 3.3. Velden 1983: la roulette contro Smyslov L’episodio più sfortunato e tragicomico della sua carriera avvenne nel 1983, nel match dei quarti di finale contro l’ex campione del mondo Vasily Smyslov. L’incontro terminò in perfetta parità anche dopo le partite supplementari. Incredibilmente, il regolamento della FIDE non prevedeva uno spareggio tecnico. La decisione fu quindi affidata alla sorte: una pallina della roulette del casinò locale avrebbe deciso chi sarebbe passato al turno successivo. A Smyslov fu assegnato il rosso, a Hübner il nero. Con il giocatore tedesco già tornato a casa, la ruota girò. Il primo, incredibile lancio della pallina si fermò sullo zero. Fu necessario un secondo giro per rompere l’equilibrio. Questa volta la sorte favorì Smyslov, ponendo fine nel modo più farsesco e crudele al sogno mondiale di Hübner.
4. Un gigante delle Olimpiadi e dei tornei
Se la scalata al titolo mondiale fu segnata da episodi sfortunati e crisi interiori, la sua carriera nelle competizioni a squadre e nei tornei d’élite racconta una storia diversa: quella di un dominio quasi assoluto. Hübner fu un pilastro della nazionale tedesca, partecipando a ben 11 Olimpiadi degli Scacchi. A Skopje 1972, vinse la medaglia d’oro individuale in prima scacchiera, infliggendo a Tigran Petrosian la sua unica sconfitta in dieci partecipazioni olimpiche. A Novi Sad 1990, ottenne un’altra medaglia d’oro per la migliore performance Elo del torneo.
La sua bacheca vanta inoltre vittorie in alcuni dei tornei più prestigiosi del mondo, tra cui Linares, Tilburg e Biel, dove ha sconfitto regolarmente i migliori giocatori del suo tempo.
Un capitolo speciale del suo percorso è legato all’Italia. Per 11 anni consecutivi, dal 2000 al 2010, Hübner è stato tesserato per il circolo “VIMAR SCACCHI MAROSTICA“. Con il suo contributo determinante in prima scacchiera, la squadra ha vinto ben 5 campionati italiani a squadre (2001, 2002, 2003, 2004 e 2007), raggiungendo vette mai toccate prima.
5. L’uomo dietro la scacchiera
Per comprendere appieno la figura di Robert Hübner, è necessario andare oltre i risultati. Era dotato di un’incredibile abilità nel gioco alla cieca, come dimostra la sua vittoria per 8.5 a 1.5 in simultanea contro un’intera squadra della Bundesliga, un’impresa quasi ineguagliata per la qualità degli avversari.
Il suo rigore morale era assoluto. Un aneddoto racconta di come perseguì con tenacia uno sponsor di Remagen che non gli aveva corrisposto il compenso pattuito, non tanto per il denaro, quanto per una questione di principio.
Anche nel suo approccio con i giovani talenti mostrava un carattere diretto e senza fronzoli. Durante un campo di addestramento per le promesse tedesche nel 1981, dopo aver mostrato una complessa posizione, concluse l’analisi con un laconico: “das wird dann irgendwie matt” (“e poi in qualche modo arriverà il matto”), una frase diventata leggendaria per il suo pragmatismo.
Questi tratti dipingono l’immagine di un uomo che percepiva il mondo degli scacchi professionistici come uno “zoo”, un ambiente spesso inadatto alla sua natura riflessiva, rigorosa e profondamente intellettuale.
Conclusione: l’eredità di Robert Hübner
L’eredità di Robert Hübner va ben oltre i suoi successi e le sue sfortunate sconfitte. Non è stato solo un giocatore da top 3 mondiale, ma una figura unica, quasi un “uomo del Rinascimento” prestato al mondo degli scacchi. La sua duplice carriera di papirologo e scacchista, la sua profonda cultura e il suo inflessibile rigore morale lo distinguono da quasi tutti i suoi contemporanei.
La sua storia non è solo una cronaca di partite, ma una testimonianza del valore dell’integrità intellettuale e della forza del carattere. Robert Hübner non ha mai vinto la corona mondiale, ma la sua eredità è forse ancora più preziosa: ha dimostrato che esiste un modo diverso di essere un campione, uno in cui l’integrità del pensiero vale più di qualsiasi titolo.