La trascrizione delle mosse.

 

Mercoledì scorso nella seconda elementare di via Forlanini ho voluto spiegare ai bambini la trascrizione delle mosse di una partita e i relativi simboli. Generalmente evito questa lezione con bambini così piccoli, che anche a livello sportivo (benchè ci siano pareri discordanti in tal senso) sono esonerati dallo scrivere le partite.

Però la trascrizione delle mosse può essere molto didattica, oltre ad abituare i bambini ad una pratica che prima o poi, per chi farà tornei di scacchi, si renderà necessaria. La prima volta che si scrive una partita di scacchi accade la stessa cosa che avviene quando si gioca la prima volta con un orologio da torneo: tutta l’attenzione viene catturata da queste novità e quasi tutti giocano peggio di quanto in realtà saprebbero fare.

Anche per questo forse non sarebbe male far fare questa esperienza prima ancora che arrivino a giocare tornei; oltre tutto la scrittura è tipicamente scolastica e quindi può essere per loro un diversivo importante.

Per questa prima volta non ho dato molte istruzioni, solo ciò che concerne l’esatta trascrizione, estesa o sintetica, ma ho visto che i bambini scrivevano solo le proprie mosse tranne qualche virtuosa eccezione. Comunque dopo le prime dieci mosse ho detto loro che se volevano potevano smettere. A questo punto è accaduto una specie di miracolo: una bambina che generalmente partecipa poco entusiasticamente all’ora di scacchi era ben felice di continuare a scrivere le mosse. Ora, secondo me, il suo atteggiamento poco partecipativo  è dovuto alla sua grande competitività, ma allo stesso tempo deve fare i conti col fatto che molti bambini sono più bravi di lei; in questo compito – sempre secondo il mio parere – lei ha trovato un nuovo stimolo per essere “più brava” dei compagni.

Questa è un’ulteriore dimostrazione che le lezioni devono essere sempre varie, in modo da raggiungere più opportunamente la motivazione degli alunni

 

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