Archivio di Novembre 2025

Il “rischio” negli scacchi

Oltre il mito del calcolo infinito

Quando pensiamo a un grande maestro di scacchi, la nostra mente evoca l’immagine di un genio sovrumano, capace di calcolare decine di mosse in anticipo con precisione infallibile. Ma questa è solo una parte della storia. La vera maestria non risiede nella ricerca di una perfezione oggettiva, ma nell’arte di gestire l’incertezza. Ogni campione ha sviluppato una filosofia unica per navigare le acque turbolente della competizione, imparando non a eliminare il rischio, ma a gestirlo e incanalarlo come un’arma.

Questo articolo esplora cinque di queste strategie sorprendenti, mappando uno spettro di approcci al rischio che va dal caos calcolato alla profilassi spietata. Queste lezioni, forgiate nelle battaglie più intense, offrono una nuova prospettiva sulla strategia che va ben oltre la scacchiera.

“Analisi lunga, analisi sbagliata”: La saggezza di Bent Larsen contro la paralisi decisionale

Il Grande Maestro danese Bent Larsen era una delle figure più anticonformiste nella storia degli scacchi. Guidato da un “ottimismo quasi illimitato”, il suo approccio anti-dogmatico lo spingeva a creare posizioni volutamente sbilanciate, dove il suo rischio era principalmente strategico, non tattico come quello di altri aggressori. Credeva fermamente che un calcolo eccessivamente profondo, specialmente sotto la pressione del tempo, conducesse inevitabilmente all’errore e alla “paralisi da analisi“. Invece di perdersi in infinite varianti, preferiva fidarsi dell’intuizione esperta per prendere decisioni pratiche.

La sua filosofia è cristallizzata in una massima tanto semplice quanto potente:

Una volta ho detto ‘analisi lunga, analisi sbagliata’ e questo si applica anche al calcolo“.

Questa idea è una formidabile difesa cognitiva contro l’eccesso di analisi. Invece di inseguire un’impossibile perfezione oggettiva, l’approccio di Larsen privilegia l’azione e l’imposizione di una costante pressione sull’avversario. È un invito a fidarsi del proprio giudizio quando la ricerca della mossa “perfetta” rischia di consumare tempo ed energie preziose.

Creare il caos: la “foresta oscura” di Michail Tal

Se il rischio di Larsen era strategico e calibrato, quello di Michail Tal, il “Mago di Riga“, era puro istinto e caos tattico. Maestro indiscusso della guerra psicologica, la sua strategia era tanto brutale quanto geniale: effettuare sacrifici materialmente discutibili per creare posizioni di una complessità tale da sopraffare psicologicamente e cognitivamente i suoi avversari. Non cercava la mossa oggettivamente migliore, ma quella che avrebbe generato il massimo scompiglio.

Il suo obiettivo era trascinare l’avversario in una “foresta fitta e oscura dove 2+2=5“, un territorio in cui la logica e il calcolo preciso cedevano il passo alla pressione psicologica. La sua filosofia è riassunta in una delle citazioni più famose della storia degli scacchi:

“Ci sono due tipi di sacrifici: quelli corretti e i miei”.

Il genio di Tal non risiedeva nella correttezza matematica delle sue combinazioni, ma nella profonda comprensione dei limiti della cognizione umana. Sapeva che, sotto stress, anche il più grande giocatore poteva crollare di fronte a una complessità che superava la sua capacità di analisi.

Vincere stritolando: la profilassi spietata di Anatoly Karpov

Se Tal immergeva i suoi avversari nel caos, Anatoly Karpov rappresentava il polo opposto: la ricerca ossessiva del controllo e della chiarezza. Soprannominato il “Boa Constrictor“, il suo stile non era basato su attacchi spettacolari, ma su una lenta e inesorabile pressione che soffocava l’avversario. La sua filosofia era incentrata sulla minimizzazione del rischio e sul raggiungimento di un controllo totale attraverso la profilassi: l’arte di anticipare e neutralizzare i piani dell’avversario prima ancora che potessero concretizzarsi.

Mentre Tal cercava la confusione, Karpov preferiva la chiarezza posizionale, evitando scrupolosamente le “scatole nere” di incertezza tattica. Il suo approccio era metodico, volto a costruire vantaggi minimi ma inattaccabili. La forza di questa strategia risiede nel suo impatto psicologico. Karpov vinceva lasciando gli avversari senza contromosse, con una crescente sensazione di impotenza. Non li sconfiggeva con un colpo da KO, ma li stritolava lentamente fino a farli arrendere per mancanza di ossigeno strategico.

La complessità come arma: il calcolo coercitivo di Garry Kasparov

Garry Kasparov rappresenta una sintesi unica di dinamismo aggressivo e rigore analitico. A differenza di Tal, non creava semplicemente il caos; trasformava la complessità in un’arma, sostenuta da un calcolo profondo e spaventosamente preciso. Il suo metodo era il “Calcolo coercitivo“: indurre l’errore tramite pressione e precisione.

La sua filosofia è perfettamente riassunta dalla sua convinzione che “se fai 10 minacce di fila, il tuo avversario commette un errore”. A differenza dei sacrifici speculativi di Tal, le minacce di Kasparov erano supportate da una preparazione teorica senza precedenti e da un’analisi rigorosa.

In diretto contrasto con Larsen, Kasparov era un “massimalista” del calcolo. Per lui, un’analisi profonda non era un rischio di paralisi, ma una garanzia per assicurarsi che i suoi attacchi dinamici fossero oggettivamente fondati e quasi impossibili da difendere per un essere umano.

Vincere essendo umani: il pragmatismo di Magnus Carlsen nell’era dei computer

Magnus Carlsen domina l’era moderna, un’epoca in cui i motori scacchistici hanno raggiunto una perfezione quasi divina. Il suo genio consiste nel “vincere essendo umano“. Invece di imitare le macchine, ne ha compreso i limiti e ha adattato la sua strategia di conseguenza.

Il suo approccio al rischio si è spostato dai sacrifici tattici audaci a un investimento di tempo e resistenza in posizioni che richiedono una difesa perfetta e prolungata. Sposta la lotta nei lunghi finali, dove può sfruttare la sua resistenza fisica e mentale superiore per capitalizzare sulla fatica e sui piccoli errori pratici che gli avversari commettono dopo ore di gioco.

Il suo approccio al calcolo è un adattamento moderno al principio di Larsen. Si concentra in modo strutturato e mirato su “Controlli, Catture e Minacce” (Checks, Captures, Threats), un’analisi intelligente e mirata, non estenuante, perfettamente adatta ai limiti di tempo del gioco agonistico. È la dimostrazione che l’intuizione umana, potenziata da una preparazione rigorosa, è ancora l’arma decisiva.

Conclusione: qual è la tua filosofia del rischio?

Le diverse filosofie di questi cinque geni dimostrano che non esiste un’unica via per la maestria. Esiste invece un intero spettro di approcci per gestire l’incertezza, con ai due estremi il rischio puro e caotico di Tal e il rischio minimale e profilattico di Karpov. Ciascuno ha trovato un modo personale per trasformare il rischio da minaccia a opportunità.