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Scacchi viventi a Sorso.
Sabato scorso, a coronamento dei laboratori di scacchi presso la scuola primaria di Sorso, si sono svolti due importantissimi eventi: un convegno sugli scacchi scolastici (di cui parlerò presto) con ospite il dott. Giuseppe Sgrò di Milano, ed una esibizione di scacchi viventi in piazza Garibaldi, di cui parlo nel presente post.
Psicomotricità e “drammatizzazione”.
Quando la maestra Daniela Demurtas, referente del progetto regionale “Vado matto per lo scacco matto!” (nell’ambito del progetto “Laboratori… questi sconosciuti” di cui alla delibera della Giunta Regionale n° 28/69 del 24 giugno 2011), mi ha proposto una manifestazione finale in piazza, fortemente voluta dall’Assessore alla Pubblica Istruzione del Comune di Sorso, Dott.ssa Simonetta Pietri , ho subito aderito con entusiasmo. Quest’anno l’evoluzione della psicomotricità su scacchiera gigante proposta alle scuole dell’infanzia, ed il proficuo lavoro con la terza B di via Forlanini con le filastrocche, mi hanno convinto che il gradino successivo fosse proprio quello di “mettere in scena” questa attività che si vive con tutto il corpo e con un grande coinvolgimento emotivo.
Così abbiamo fatto un certo numero di prove (neppure troppe in verità!) per fare imparare ai bambini alcune battute (per lo più ispirate ai miei proverbi) per fare una presentazione in pubblico e rendere partecipi gli spettatori. Queste prove mi hanno dato la misura di come sia possibile, con una maggiore preparazione, realizzare una vera e propria commedia con dialoghi e gesti studiati apposta per meglio coinvolgere lo spettatore.
In questa circostanza ci siamo limitati ad un obiettivo minimo: far comprendere agli spettatori le regole di base dei movimenti, per poter seguire meglio le scene messe in campo dai protagonisti.
Presentazione dei pezzi.
Come prima cosa abbiamo pensato all’introduzione, uno per uno, di tutti gli attori protagonisti della partita: cioé i pezzi, interpretati dai bambini, che per l’occasione erano stati magnificamente mascherati.
Ogni bambino entrava sulla scacchiera di legno predisposta sul piazzale e dopo il formale saluto al pubblico recitava la propria battuta. Ecco alcuni esempi:
Re Bianco: Io sono il sovrano e siccome sono anziano faccio un passo piano piano (i gesti del Re sono lenti, si alliscia la barba, ha con se uno scettro col quale indica le case circostanti…);
Re Nero: Quando il Re se ne va in gita, si regala la partita (quest’altro Re al contrario è baldanzoso, mostra una grande attività, ma come recita il suo motto lo fa a suo rischio);
Regina Bianca: La Regina corre in fretta, ma soltanto in linea retta (questa regina corre prima in orizzontale e poi in diagonale, mostrando il suo movimento lineare);
Regina Nera: “Se muovi soltanto la Regina, la tua fine si avvicina” (questa seconda Regina, che già nella presentazione si mostra leziosa e “frivola”, si atteggia a “primadonna” si porta indietro ad ogni movimento un pezzo avversario, fino all’inevitabile cattura)
Torre Bianca: “La Torre muove orizzontale e verticale, ma non muove in diagonale” (questa Torre, i cui movimenti sono pesanti, indica il suo raggio d’azione, ma si inchina per mostrare che le è vietato il movimento obliquo);
Torre Nera: “Dice il saggio: la Torre vada dove pensa che avrà più strada” (nella scena sono presenti molti pedoni, ma la Torre va a scegliere una colonna aperta, dove cioé non può essere ostacolata dai propri compagni);
Cavallo Bianco: “Il Cavallo fa una Elle, grande solo tre caselle” (e accompagna con gesti plateali delle mani il simbolo della Elle e il numero Tre, quindi esegue contando: “Uno, due…” e “Tre” saltando di lato per far comprendere il suo movimento)
Cavallo Nero: “Il Cavallo messo al lato è un cavallo dimezzato” (il cavallo si porta dapprima al bordo, poi nel saltare finisce fuori dalla scacchiera)
Alfiere Bianco: “Io sono l’Alfiere e muovo in diagonale, e chi trovo lo mando all’ospedale ” (così dicendo percorre una diagonale e cattura un pezzo avversario).
Alfiere Nero: “Dalle grandi diagonali, fulmini e temporali” (anche in questo caso un Alfiere percorre una grande diagonale e cattura un pezzo avversario)
Pedone bianco: “Avanza il pedone, metro dopo metro; però attenzione: non torna più indietro” (il pedone, armato di spada, accompagna le sue parole indicando la sua strada e mostrando che non può tornare indietro)
Pedone Nero: “Non sempre il pedone pensa alla panza: qualche volta non mangia ed avanza” (in questa scena si mostra sia il senso della cattura, sia la sua non obbligatorietà a differenza della dama, che in genere anche i profani conoscono)
La partita.
Fatte le debite presentazioni si può variare a piacere, sulla base del tempo a disposizione, con altre brevi scenette che introducono le regole basilari. Poi si può mettere in scena qualche partita. Nel nostro caso, svolgendosi sotto un gran sole abbiamo fatto fare solo un esempio di partita, giocata da due bambini scelti a caso, accompagnandola (col sottoscritto in qualità di speaker) ancora con dei proverbi che sintetizzino l’azione in svolgimento. Dopo, poiché i bambini accusavano il caldo, abbiamo lasciato spazio ai pezzi giganti in plastica e abbiamo lasciato giocare alcuni scampoli di partite sempre commentandoli coi miei proverbi.
Il pubblico applaudiva ad ogni cattura e ad ogni gesto plateale recitato dai bambini, ma soprattutto era in grado di seguire meglio l’azione rispetto alla tradizionale partita di scacchi vivente, dove in genere non viene adeguatamente preparato alla comprensione della scena.
Jorge Luis Borges e gli scacchi.
SCACCHI SOGNO E POESIA
di Carlo Giuseppe Bolmida
Il grande Jorge Luis Borges, come tutti gli intellettuali, amava gli scacchi. Purtroppo non basta essere uno dei più grandi Maitre a penser per essere anche un ottimo giocatore. Ho personalmente conosciuto un bidello che batteva regolarmente il vice provveditore agli studi, il professore , furente, tutta la notte si interrogava sugli abissi insondabili della psiche e del sapere.
Dice Borges sugli scacchi “Occupazione nobilissima, infinitamente superiore a tutti i giochi che io conosco; tuttavia io sono uno dei peggiori scacchisti che esistano.” Borges: Imàgenes.
Jorge Luis Borges, in uno dei suoi “ Ultimi Dialoghi “ (con Osvaldo Ferrari ) afferma: “ Sulla scacchiera ciascun pezzo crede di godere di libero arbitrio ed invece no, la mano del giocatore li spiazza ; anche il giocatore crede di godere di libero arbitrio, ma lui è diretto da un dio che, per ragioni letterarie, dipende a sua volta da altri dei. Si costituisce così tra i pezzi del gioco di scacchi una continuazione senza fine, una catena dalle maglie infinite. Io ho scritto su questo tema due sonetti intitolati “ Scacchi “ ; sì, in tutti e due, il tema è il medesimo: i pezzi si credono liberi e non lo sono, dio si crede libero e non lo è, l’altro dio lo crede e non lo è, e così di seguito, infinitamente.”
Di questi tempi sarebbe buona cosa avvicinarsi un pò alla poesia e meno alla cure di come incrementare il conto in banca.
Intanto è grigia per tutti.. ma, chissà perchè, si respira molto meglio.
Gli scacchi. (1)
Al tavolo pazienti i giocatori
spingono lenti i pezzi. Bianco e Nero
avvinti li terranno in quel severo
ambito ove si odiano i due colori.
Là dentro irradian magici rigori
le fugure: Torre d’Omero, leggero
Cavallo, armata Regina, Re altero,
obliquo Alfiere e pedoni incursori.
E quando i giocatori se ne andranno
quando tutto il tempo passeranno
certamente non sarà cessato il rito
che in Oriente accese questa guerra
che ora infiamma tutta la Terra:
come l’altro, questo gioco è infinito…
Gli scacchi (2)
Pacato Re, sbieco Alfiere, agognata
Donna, diritta Torre, pedone latino,
sopra il Bianco e Nero del cammino
cercano e trovano una battaglia armata.
Non sanno che la mano fatata
del giocator governa il lor destino.
Non sanno che un rigore adamantino
regola l’alba e l’intera giornata.
Il giocatore è prigioniero pure
(come disse Kayyam) d’altra scacchiera
di chiari giorni e scure notti.
Dio muove il giocator, lui le figure…
C’è un Dio dietro quel Dio, che impera
su polvere e Tempo e sogni rotti?
(trad. di Sebastiano Paulesu)
L’ uomo è pedina di un gioco le cui regole e le cui mosse non dipendono da lui: in queste allegorie scacchistiche vi è una scoperta negazione del libero arbitrio.
Tra i precedenti di questa fantasia idealistica e panteistica va ricordata quella di Miguel de Unamuno : “ La vita è sogno”.
Sarà forse un sogno, Dio mio, anche questo tuo Universo di cui sei la coscienza eterna e infinita? Sarà un sogno tuo? Sarà che ci stai sognando? Saremo un sogno, un sogno tuo, noi sognatori della vita? “ ( Vita di Don Chisciotte e Sancio, parte II, cap. LXXIV ).
Il grande scrittore e filosofo Miguel de Unamuno pubblicò, nel 1912, il suo libro più celebre, Il sentimento tragico della vita. Le sue stesse sofferenze può essere che l’abbiano indotto a pensare che la filosofia serve all’uomo solo quand’essa dà una mano alla poesia e non alla scienza.
Egli si esercitò tutta la vita, con più sofferenza che gloria, al gioco degli scacchi. Scrisse ne Il romanzo di don Sandolio :
“ Egli gioca come uno che celebri una cerimonia religiosa. O piuttosto no, meglio ancora, come chi crei una silenziosa musica religiosa. Il suo gioco è musicale. Egli afferra i pezzi come se pizzicasse un’arpa. E, allo stesso modo, m’immagino il suo cavallo, non nitrire, questo giammai! ma respirare musicalmente, allorchè si apprestasse a dar scacco al suo avversario. E’ come un cavallo alato. Un Pegaso. O ancor meglio una chiave di pianoforte di legno, come questa. E non si posa sulla scacchiera! Non salta: vola. E quando gioca la regina? Pura musica! “
Ma, parallelamente, Unamuno fu un accanito detrattore dei giocatori di scacchi. Come traspare chiaramente da questo passo: “ Egli mi battè, non perchè giochi meglio di me, ma perchè non fece che applicarsi al gioco mentre io mi distraevo, mentre io lo osservavo… Non è un uomo intelligente… ma applica ogni più riposta risorsa nel gioco. “
Sono parole che sono altrettante confessioni. Confessioni di impotenza scacchistica. Quante volte ho sentito raccontare questa triste fiaba da scacchisti frustrati , alla ricerca di alibi, ( di anestetico, disse Primo Levi ) : “Ho perso, ma io ho troppe altre cose per la testa, impegni professionali, la famiglia,.. se si considerasse il talento puro, l’intelligenza.. sarei perlomeno I Nazionale. mi distraggo, ho troppa fantasia,..e poi a me il risultato non interessa, mi interessa il bel gioco, io gioco a zona, solo che ho lasciato la donna in presa.. e poi stavo meglio egualmente, ma per un fattore così trascurabile come il Tempo..ha vinto il peggiore “.
Un pò di autocritica? Giammai, ohibò, con il loro cervello?
Certo, possono consolarsi, ci credeva anche Miguel de Unamuno! ( Borges no)
Ma lui era, infine, Miguel de Unamuno.
La scacchiera come palcoscenico.
La multidisciplinarietà a scuola del gioco degli scacchi non è ormai mistero per nessuno: grazie agli scacchi si può parlare di storia, di geografia, di matematica e geometria, di sport, di educazione civica, ma anche artistica, poetica e musicale…
Così quando la maestra Daniela Demurtas, della 2^ B della scuola primaria di Sorso, mi ha chiesto se era possibile fare a fine anno una rappresentazione scenica su scacchiera gigante in piazza coi bambini coinvolti nei laboratori di scacchi non mi sono certo tirato indietro: ho subito proposto una sorta di partita vivente!
Poi però, recuperando mentalmente tutte le esperienze precedenti di partite viventi, mi è venuta un’idea per far sì che l’esibizione possa essere godibile anche per chi non conosce gli scacchi (cioé il 90% del pubblico!). Ho pensato innanzi tutto ad una presentazione in rima recitata dai bambini (ognuno entra sulla scacchiera e si presenta: “Salve! Io sono la Torre!” “Muove la Torre in orizzontale e in verticale” dice il bambino accompagnando con una camminata plateale e sbattendo rumorosamente i piedi sul pavimento , percorre una traversa e poi una colonna e giunto ad un angolo esclama “Ma non muove in diagonale” e nel tentativo casca sdraiandosi sulla diagonale). Ogni bambino interpreta un pezzo e recita le sue peculiarità di movimento, così il pubblico viene contemporaneamente informato sui loro ruoli e può seguire meglio le scenette che realizzeranno (per lo più i miei proverbi scacchistici o qualche filastrocca). Infatti uno dei problemi delle partite viventi è che il pubblico possa non capire il senso della partita, e anche che qualche bambino costretto a fare scena muta possa stancarsi o peggio annoiarsi. Lo scorso anno la cara amica Carmelita Di Mauro, che proviene appunto da moltissime esperienze teatrali, aveva messo in scena al palazzetto sportivo di Gela proprio alcune scenette con un gruppo di ballo in costume (per lo più tutte sue ex allieve!). Il risultato è stato eccezionale e spero in futuro di mostrarvene un video!
Martedì scorso abbiamo fatto delle prove ed i bambini si sono molto divertiti, e quel che più conta, sono stati “attori” principali anche nel trovare i gesti stereotipati che dovranno mettere in scena durante la rappresentazione! Al termine delle prove (poco più di venti minuti) siamo tornati in classe a giocare a scacchi e infine ho distribuito ad ognuno di loro una carta con un proverbio per farli ispirare!








