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Scacchi e matematica: il progetto SAM.
A fine maggio di quest’anno sono stati pubblicati ufficialmente i risultati della prima sperimentazione controllata nella scuola italiana sugli effetti degli scacchi sull’apprendimento della matematica (da cui il nome SAM). Come ho già avuto modo di scrivere altre volte il progetto è stato realizzato grazie ad una sinergia tra FSI e INVALSI e importanti sponsorizzazioni di Enti pubblici e privati, grazie alla forza propositiva del Comitato Regionale Scacchi Piemonte.
Personalmente ho raccolto l’invito dell’amico Alessandro Dominici a dare anche io un mio contributo, che è consistito nel coinvolgere una decina di classi tra sperimentali e di controllo, seguendo un protocollo (che potete approfondire in questo video) che rendesse omogenea la somministrazione delle lezioni di scacchi. E’ stata un’esperienza davvero interessante grazie alla quale ho potuto osservare in prima persona quelli che poi su base nazionale (la sperimentazione ha coinvolto alcune migliaia di bambini di terza elementare in tutta Italia) sono stati i risultati più significativi della ricerca.
Sul sito Europe Chess Promotion si possono trovare tutti i documenti in pdf e i video sul convegno svoltosi a Torino proprio il 28 maggio, dove sono stati esposti i risultati, che hanno avuto vasta eco anche sui media (tv e giornali: recentemente persino Quark!).
Sebbene non tutti i criteri scientifici siano stati implementati (non sono un esperto di statistica e non voglio annoiarvi con simili argomenti, chi volesse può vedere i video) l’evidenza che gli scacchi migliorano le capacità di apprendimento della matematica è talmente significativa che già si pensa a rilanciare una nuova ricerca, denominata Sc3, per confermare i risultati già emersi.

Una slide che mostra lo scostamento della curva degli “scacchisti” rispetto ad una base di partenza sostanzialmente uguale.
Ciò che io posso confermare è la grandissima opportunità che il gioco degli scacchi offre agli studenti più “deboli”: in alcune classi erano presenti bambini di diversa etnia (la cui difficoltà è principalmente linguistica oltre che di aggregazione) che hanno mostrato una notevole crescita dopo le 30 ore di scacchi a scuola. Bene anche su scala nazionale questa è stata una delle maggiori evidenze.
L’auspicio è che questi risultati siano visti in maniera lungimirante dalle istituzioni, per favorire l’introduzione di laboratori scacchistici in maniera più costante nelle scuole, come suggerisce con una sua dichiarazione scritta anche il parlamento europeo.
Gli scacchi, giovano grandemente alla salute!
Lo spunto per questo articolo mi è fornito dalla nuova nuova organizzazione di spazi e contenuti del sito “Giocando con i Re” a seguito della nascita della divisione didattico-scientifica dell’A.D.S.A.C. – Associazione Dilettantistica Scacchi “L’Alfiere” Carugate, dove sta svolgendo un preziosissimo lavoro il dott. Giuseppe Sgrò, psicologo clinico ed esperto in Psicologia dello Sport, docente/esperto della Scuola dello Sport del Coni, membro della Commissione Medico-Scientifica della F.S.I. (Federazione Scacchistica Italiana) e dell’Associazione Italiana di Psicologia dello Sport e consulente per PSICOSPORT s.r.l.
Sarà presto disponibile il libro “A scuola con i Re” con i contributi di tutti i migliori istruttori italiani (tra i quali mi fregio di figurare anche io!) che costituirà davvero una svolta per tutti gli operatori del mondo didattico, scacchistico e non. Infatti tutte le evidenze empiriche sui benefici nell’ambito cognitivo che gli scacchi possono offrire ad ogni età (da tempo si parla persino di un beneficio per gli anziani), ora acquistano finalmente una veste di ufficialità scientifica, grazie ai pazienti lavori di ricerca in tutto il mondo che sono compendiati con una puntigliosa bibliografia nell’opera curata dal dott. Sgrò.
Ma torniamo al sito “Giocando con i Re”. Oltre a trovarvi maggiori informazioni relative alla novità editoriale sono presenti anche numerose pagine, che potranno diventare altrettanti strumenti per chiunque voglia presentare dei progetti che abbiano un supporto scientifico sugli effettivi benefici degli scacchi e sugli obiettivi che si possono raggiungere con dei corsi e laboratori mirati.
Personalmente in passato, nei miei colloqui coi dirigenti scolastici, dovevo essere necessariamente autoreferenziale: citando i commenti entusiastici di maestre e genitori e le mie impressioni sul miglioramento globale degli allievi. Ma naturalmente ha poco “appeal” in una presentazione il parere soggettivo dell’esperto, mentre poter avallare la propria esperienza con un substrato scientifico documentato sarà sicuramente una marcia in più.
Invito pertanto tutti gli interessati a “frugare” nelle varie schede del sito, che vanno dalla didattica alla formazione, dalle consulenze alle ricerche scientifiche, dagli eventi alla rassegna sui media. Inoltre c’è la sezione dei contatti e la ricerca di collaboratori esperti nel campo della psicopedagogia e della formazione. Anche in questo caso ho l’onore di essere tra i privilegiati che collaborano ai progetti. Come ho già avuto l’onore di dire a Ragusa, in occasione del campionato nazionale under 16, durante una presentazione del libro “A scuola con i Re” (dove hanno relazionato tra gli altri anche gli amici Alessandro Pompa, Carmelita Di Mauro, Carla Mircoli e Rosario Lucio Ragonese): “Tutto il movimento scacchistico italiano si gioverà di questo compendio scientifico che colma una lacuna finora presente nella manualistica in dotazione ai bravissimi istruttori italiani. Lo scopo è quello di popolarizzare il gioco degli scacchi non solo dal punto di vista tecnico, ma anche dal punto di vista educativo”. Ecco, lo ribadisco: ora abbiamo qualche strumento in più!
A che età si possono imparare gli scacchi?
Una delle domande più frequenti che fanno i genitori, interessati per i loro figli, è a che età si può iniziare a giocare a scacchi. La risposta più genuina che mi sento di dare è la seguente: dipende dall’istruttore…
Con ciò intendo dire che i giochi propedeutici ad imparare gli scacchi possono essere proposti prestissimo, anche ad un anno, in accordo con le fasi di crescita del bambino. Inizialmente i giochi saranno solo di manipolazione, riconoscimento, posizionamento nello spazio. Solo intorno ai 3 anni, per i bambini più motivati, sarà possibile iniziare ad introdurre i movimenti. Ma l’istruttore (in questa fase può essere benissimo anche un familiare che conosce le regole) deve avere un certo metodo ed assecondare i voleri del bambino: deve ad ogni informazione far seguire la pratica (spiego la Torre, e subito dopo metto alcuni pedoni sulla scacchiera e chiedo al bambino quale può catturare con la sua Torre…); deve gratificare il bambino con complimenti ad ogni mossa esatta e quando non ci riesce rassicurarlo dicendogli che “era veramente difficile”.
Secondo la mia esperienza molti bambini possono essere in grado di sostenere una partita, con i comprensibilissimi errori, anche a tre anni, ed a quattro essere già in grado di competere con un adulto, anche senza essere un genio (come Capablanca per intenderci!). Ma questa non è certo la strada raccomandabile per la stragrande maggioranza dei bambini: principalmente perché l’attività diventerebbe poco ludica ed i bambini potrebbero perdere interesse. Meglio trovare dei coetanei con cui lasciarli giocare liberamente (a quell’età il loro ego è assetato di vittorie) ed intervenire solo per orientare al meglio la loro condotta in caso di piccoli conflitti.
Nella foto il bambino di quattro anni che gioca con me è Teo, fratellino di Kilian (12 anni) che da qualche anno partecipa ai campionati nazionali Under 16; è stato lui a chiedermi di giocare dopo che per un giorno intero io e Kilian giocavamo “lampo” per divertirci. Ha persino voluto giocare con l’orologio (5 minuti) e dopo una decina di mosse mi sono reso conto che gioca veramente bene in proporzione. Ogni volta che faceva qualche movimento palesemente errato gli suggerivo, sottovoce o mostrandeglielo con un dito, il pezzo che poteva catturarlo. Ma mossa dopo mossa diventava sempre più motivato e sono rimasto sorpreso nel vedere la partita finire solo in un finale di pedoni.
In certi casi rifiutava, orgogliosamente, di seguire i miei suggerimenti dimostrando – cosa appunto già menzionata sopra – la propria volontà di pensare con la propria testa, ma soprattutto il gusto per la libertà eventualmente anche di sbagliare. In questi casi non si deve insistere, meglio andare avanti silenziosamente e far sì che la loro esperienza si formi proprio dagli errori che la loro indole li porta a commettere.
Nella mia esperienza ho visto bambini di 3 anni molto attratti dal gioco che riuscivano a posizionare bene i pezzi e – copiando le mosse – a giocare i primi scampoli di partite. Mi è capitato di fare lezioni (non più di venti minuti) a bambine di due anni e mezzo, con le quali mi sono limitato a far imparare i movimenti di Torre e Alfiere, proponendo dei giochi semplici. Mentre è molto frequente che dei bambini (di 3, 4 o 5 anni) che vengono ai corsi dei loro fratelli vogliano partecipare anche loro. In questo caso raramente possiamo accettarli, ma solo perché il rapporto con loro deve essere quasi esclusivo, il che comporta l’impossibilità di seguire il resto del gruppo.


