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Vantaggi e svantaggi.
Giovedì ho fatto la mia consueta lezione ai bambini della scuola primaria di Sorso. Ho voluto far ragionare loro sul fatto che non esiste una mossa perfetta in assoluto: ogni mossa ci dà delle possibilità positive (vantaggi) e ne apre altre negative (svantaggi) che invece favoriscono l’avversario. Quindi ogni volta bisogna ragionare su queste nuove possibilità.
Ho quindi fatto muovere la prima bambina col bianco e invece di rispondere io, col nero, ho fatto muovere un bambino in un capo opposto della classe. Utilizzo questo espediente per evitare che si scateni il tifo dei compagni: infatti facendoli giocare alternativamente da un capo all’altro della fila (meglio ancora se li si chiama uno dopo l’altro alternando il colore) non riescono ad individuarsi in due “fazioni”.
La partita che ne è risultata è stata molto didattica e per questo la ripresento qui di seguito:
[pgn
[Event “?”]
[Site “?”]
[Date “2013.05.23”]
[Round “?”]
[White “Scuola primaria Sorso”]
[Black “?”]
[Result “1-0”]
[ECO “A00”]
[Annotator “,Sebastiano”]
[PlyCount “18”]
[SourceDate “2013.05.25”]
1. h4 $6 f5 {Ogni mossa di pedone indebolisce la posizione. Dopo queste prime
mosse ho fatto riflettere i bambini sul fatto che ogni mossa crea nuove
possibilità, ma ce ne toglie delle altre: la mossa del Bianco permette di far
giocare la Torre (ma se lo facessimo ci toglieremo la possibilità di arroccare
corto, possibilità già resa difficile per il fatto che l’arrocco senza il
pedone h sarebbe meno sicuro). La mossa del Nero invece, seppure controlla il
centro scopre la diagonale del Re h5-e8, e indebolisce anch’essa il fianco di
Re. Stiamo ragionando sulle possibilità: perché una partita a scacchi è
l’insieme di tante possibilità (che gli scacchisti chiamano varianti).} 2. d3
d5 $6 {Qui ho lodato la mossa del Bianco e un po’ meno quella del Nero:
infatti seppure entrambe favoriscono l’entrata in gioco degli Alfieri di Donna,
la mossa del Nero non si accorda con quella precedente. Infatti si creano due
“buchi” in e6 ed e5, dove in futuro un pezzo Bianco può collocarsi comodamente.
(Case non protette da alcun pedone per i Cavalli son comode poltrone!) Ed ho
mostrato la posizione risultante con un Cavallo piazzato in e5.} 3. e3 e6 {
Qui ho fatto notare come gli Alfieri del Bianco siano comunque ristretti,
mentre l’Alfiere f8 del nero con questa mossa guadagni molto spazio. Diversa
invece la situazione del suo “collega” in c8 che sbatte contro i suoi stessi
pedoni, e6-f5.} 4. Nh3 $6 Qxh4 {Con la sua mossa il Bianco ha ostruito la
strada alla Torre, condannando il suo pedone h4. Anche qui però ho fatto
notare oltre agli svantaggi anche i vantaggi derivanti dall’errore: adesso la
Torre bianca avrà una colonna più libera per i suoi attacchi.} 5. g3 Qb4+ {
Ed ora si nota come le aperture dei pedoni necessariamente aprono “finestre”
da dove l’avversario possa “sbirciare” nelle stanze del Re.} 6. Ke2 $2 {
La mossa di Re (molto frequente nei bambini al primo scacco) rappresenta
l’ultima spiaggia, secondo il mio acronimo P.O.F. (Quando scacco ti tocca
subire POF! Prendere, Ostruire o Fuggire). Perché se il Re si muove si perde
per sempre il diritto di arroccare, e “Quando il Re non arrocca, soffrire gli
tocca”.} Nc6 7. Nf4 {Qui ho fatto i complimenti per le mosse verso il centro
dei Cavalli: “Cavalli centrali, Cavalli ottimali!”} Bd6 $2 {Mossa naturale ma
errata: il Cf4 nascondeva una velata minaccia nei confronti della Torre h8…
Ora il Bianco potrebbe, giocando con attenzione, passare in vantaggio.} 8. Ng6
$2 (8. c3 $1 Qb6 9. Ng6 {E il Bianco guadagna la qualità!}) 8… Qg4+ {
E questa è la mossa vincente: sfruttando la posizione esposta del Re, il Nero
riesce a fare questo attacco doppio (“I doppi attacchi sono la base degli
scacchi”),} 9. f3 Qxg6 {E dopo questa cattura ho interrotto la partita per far
giocare i bambini tra di loro.} 1-0
[/pgn]
Ho chiesto al bravissimo David Dolci, del Circolo scacchistico Pistoiese, di realizzare un video per YouTube di questa partita e questo è il bel risultato (cliccare sul link sottostante):
David Dolci, Circolo Scacchistico Pistoiese
Napoleone e gli scacchi.
Questo pomeriggio ero impegnato al Convitto del Canopoleno, con bambini di età compresa tra i 6 e gli 8 anni. Nelle ultime settimane, complice forse il clima oppure l’incipiente fine dell’anno scolastico, ho dovuto davvero sudare le proverbiali sette camicie per farli star buoni.
Erano piuttosto distratti durante la spiegazione della lezione (nonostante io mi ingegni sempre di trovare degli argomenti molto divertenti) e soprattutto erano molto rumorosi durante le partite libere.
Così oggi ho voluto provare con un po’ di “affabulazione” e ho provato con la figura mitica dell’imperatore Bonaparte, ho catturato la loro attenzione dicendo che gli avrei mostrato una famosissima partita vinta contro un altro generale. Incredibilmente la cosa ha funzionato: oltre ad essere molto interessati, mi ponevano continuamente domande, sono stati curiosi sino all’ultima mossa e non si perdevano i miei commenti (spesso “romanzati”) sui due personaggi.
In alcuni punti chiedevo loro come avrebbero giocato la mossa successiva e anche questo espediente ha ravvivato la lezione… Insomma esperimento perfettamente riuscito, anche se durante le partite libere i decibel non sono certo diminuiti!
Per la cronaca ecco la “famigerata” partita tra Napoleone e il generale Bertrand:
[pgn
[Event “St Helena”]
[Site “St Helena”]
[Date “1820.??.??”]
[Round “?”]
[White “Napoleon Bonaparte”]
[Black “General H Bertrand”]
[Result “1-0”]
[ECO “C44”]
[PlyCount “35”]
[EventDate “1820.??.??”]
1. e4 e5 2. Nf3 Nc6 3. d4 Nxd4 4. Nxd4 exd4 5. Bc4 Bc5 6. c3 Qe7 7. O-O Qe5 8.
f4 dxc3+ 9. Kh1 cxb2 10. Bxf7+ Kd8 11. fxe5 bxa1=Q 12. Bxg8 Be7 13. Qb3 a5 14.
Rf8+ Bxf8 15. Bg5+ Be7 16. Bxe7+ Kxe7 17. Qf7+ Kd8 18. Qf8# 1-0
[/pgn]
Senza i pedoni per scudo sembra l’esercito nudo.
Introduzione: la difesa è un’arte dimenticata?
Quante volte, analizzando una partita persa, ci siamo resi conto che la sconfitta non è arrivata per un attacco brillante dell’avversario, ma per una nostra difesa imprecisa? Nel mondo degli scacchi, siamo affascinati dagli attacchi spettacolari e dai sacrifici geniali, ma spesso trascuriamo la sottile e potente arte della difesa, un’omissione che ci costa innumerevoli punti.
È qui che entra in gioco la saggezza di Mark Dvoretsky, un allenatore leggendario che ha formato generazioni di talenti. I suoi insegnamenti rivelano una verità fondamentale: la difesa non è un’attesa passiva, ma una strategia complessa, attiva e ricca di risorse sorprendenti. È un’abilità che va studiata e padroneggiata.
Questo articolo esplora tre lezioni difensive controintuitive ma potentissime tratte dal lavoro di Dvoretsky. Ci concentreremo su un aspetto specifico e spesso sottovalutato: come trasformare i propri pedoni in un impenetrabile scudo difensivo per salvarsi anche nelle posizioni più difficili.
Lezione 1: la fortezza inespugnabile — salvarsi contro ogni pronostico
Il primo concetto chiave che Dvoretsky ci insegna è quello della “fortezza“, la forma definitiva dello scudo di pedoni. Una fortezza è una struttura difensiva così solida da poter garantire un pareggio anche quando un giocatore si trova in significativo svantaggio di materiale. È l’ancora di salvezza definitiva quando tutto sembra perduto.
Un esempio lampante si trova nella partita Wolff-Browne (Campionato USA, Durango 1992).

In una posizione di finale considerata persa da molti, il Nero avrebbe potuto costruire una fortezza inespugnabile posizionando i pedoni in h5 e g6. Questa specifica configurazione rende impossibile per il Re avversario avvicinarsi e attaccare i pedoni, neutralizzando così l’arma vincente principale della parte in vantaggio. Come sottolinea Dvoretsky con rammarico da esperto, “Ma, ahimè, nessuno dei due giocatori conosceva questa posizione“. Una lacuna di conoscenza critica, persino a livello di grandi maestri.
Questo concetto è dirompente perché dimostra che posizioni considerate perse a livello amatoriale sono in realtà patte teoriche. Rivela l’importanza di una profonda conoscenza dei finali e trasforma la nostra percezione di ciò che è possibile ottenere in una posizione difficile.
La parte più debole mira a costruire una fortezza, mentre la parte più forte mira a impedirne la costruzione o (se è già stata costruita) a trovare un modo per distruggere le difese dell’avversario.
Lezione 2: il re non è un passeggero, è il guardiano dello scudo
La seconda lezione fondamentale riguarda il ruolo del Re come guardiano dello scudo di pedoni. Una solida struttura di pedoni non è sufficiente da sola; il Re deve essere un partecipante attivo nella difesa.
Dvoretsky evidenzia una tecnica cruciale chiamata “spallata” (Shoulder-charge). Si tratta di un vero e proprio scontro fisico tra i due monarchi, in cui il nostro Re usa il proprio corpo per spingere via il Re avversario dalla zona critica protetta dallo scudo di pedoni. Nella partita Alekhine-Bogoljubow (Campionato del Mondo, 1929),

Bogoljubow mancò la mossa salvifica 70… Re4!. Questa mossa segue una legge difensiva fondamentale: “Il Re nero deve essere posizionato sul percorso del Re avversario“. Non è una buona mossa; è l’unica mossa che obbedisce al principio, creando una barriera insormontabile e assicurando la patta.
Allo stesso tempo, Dvoretsky mette in guardia contro il pericolo correlato: permettere che il proprio Re venga costretto a tornare sull’ottava traversa. Questo evento conduce alla sconfitta. Quando il Re viene respinto sulla traversa di fondo, non può più avanzare per sostenere lo scudo di pedoni. Questo singolo evento frantuma la coordinazione difensiva e trasforma una posizione patta in una persa. Questa lezione sfida la comune errata convinzione che la sicurezza del Re significhi passività. Al contrario, il Re è un pezzo combattente di grande potenza, essenziale per mantenere l’integrità dello scudo difensivo.
Lezione 3: la strana logica degli alfieri contrari — quando il colore giusto è quello sbagliato
La terza lezione ci porta nel cuore della tecnica dei finali, svelando una regola tanto specifica quanto controintuitiva per la costruzione di uno scudo di pedoni in finali con alfieri di colore contrario. In questi finali, come insegna Dvoretsky, le posizioni non vanno “giocate“, ma “costruite“. L’obiettivo non è reagire, ma erigere una struttura teoricamente inespugnabile.
La saggezza convenzionale, insegnata ai principianti, impone di posizionare i pedoni su case di colore opposto al proprio alfiere per massimizzarne la mobilità. Dvoretsky smantella questa idea con una logica profonda e paradossale: per ottenere una fortezza solida, la parte in svantaggio dovrebbe posizionare i propri pedoni su case dello stesso colore del proprio alfiere.
La logica dietro questa regola è impeccabile. Un pedone difeso dal proprio alfiere è invulnerabile all’alfiere avversario, che si muove su case di colore opposto. Questo lascia il Re nemico come l’unico pezzo in grado di attaccarlo, un compito che il nostro Re può facilmente impedire. Questa conoscenza profonda e non ovvia è un marchio di fabbrica della tecnica magistrale e trasforma quello che sembra un semplice finale in una ricca sfida strategica.
Conclusione: i vostri pedoni, i vostri mattoni
Le lezioni di Mark Dvoretsky ci ricordano che la difesa è un’arte ricca di profondità e di risorse inaspettate. Per trasformare i nostri pedoni in un impenetrabile scudo difensivo, abbiamo appreso tre principi fondamentali: l’idea della fortezza come risorsa salvifica definitiva, il ruolo del Re come guardiano attivo e fisico dello scudo, e l’importanza di una conoscenza tecnica profonda, come la costruzione di fortezze con alfieri di colore contrario.
Questi non sono solo concetti da memorizzare. Sono una direttiva strategica: smettete di considerare la difesa come un ripiego e iniziate a vederla come un’opportunità per dimostrare abilità, tenacia e creatività. La difesa non è subire, ma costruire.
La prossima volta che vi troverete sotto pressione, vedrete i vostri pedoni come semplici ostacoli o come i mattoni per costruire la vostra salvezza?