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I proverbi dei bambini.

Il disegno è di Raffaele
La mia abitudine di utilizzare delle rime per far memorizzare ai bambini i principi generali della strategia scacchistica (o anche del movimento dei pezzi, o del contegno sportivo) è talmente coinvolgente che , come ho detto spesso, sono gli stessi bambini a ricercarne di altri. Ormai praticamente ovunque i bambini mi comunicano le loro invenzioni ed io rimango estasiato sia per la loro fantasia, sia per la loro abilità. Naturalmente nelle loro rime spesso manca l’elemento didattico (cioé la “morale della favola”) per cui spesso io li riprendo per creare nuovi proverbi.
Quelli che presento di seguito sono degli esempi tratti da rime dei bambini e rimaneggiati da me per renderli più didascalici:
La Regina è proprio pazza
al primo scacco si oppone e si ammazza;
il Re rimasto solitario
finrà in pasto all’avversario.
(Ilaria O.)
Se il Re è sotto inchiodatura
se ne sta dietro le mura;
ma se è davanti è un’infilata
e la figura dietro è spacciata.
(Ilaria O.)
Il Cavallo sfinito fa uno sbaglio
e invece di un nitrito lancia un raglio.
(Eleonora)
Il pedone con le gambe e con le braccia
ogni pezzo nemico lo caccia.
(Antonio)
I pedoni fanno una catena
e qualcuno si rompe la schiena.
(Andrea)
Quando il Re è sotto shock
non può far neanche “l’arrock”…
(Alessandro)
Senza i pedoni per scudo sembra l’esercito nudo.
Introduzione: la difesa è un’arte dimenticata?
Quante volte, analizzando una partita persa, ci siamo resi conto che la sconfitta non è arrivata per un attacco brillante dell’avversario, ma per una nostra difesa imprecisa? Nel mondo degli scacchi, siamo affascinati dagli attacchi spettacolari e dai sacrifici geniali, ma spesso trascuriamo la sottile e potente arte della difesa, un’omissione che ci costa innumerevoli punti.
È qui che entra in gioco la saggezza di Mark Dvoretsky, un allenatore leggendario che ha formato generazioni di talenti. I suoi insegnamenti rivelano una verità fondamentale: la difesa non è un’attesa passiva, ma una strategia complessa, attiva e ricca di risorse sorprendenti. È un’abilità che va studiata e padroneggiata.
Questo articolo esplora tre lezioni difensive controintuitive ma potentissime tratte dal lavoro di Dvoretsky. Ci concentreremo su un aspetto specifico e spesso sottovalutato: come trasformare i propri pedoni in un impenetrabile scudo difensivo per salvarsi anche nelle posizioni più difficili.
Lezione 1: la fortezza inespugnabile — salvarsi contro ogni pronostico
Il primo concetto chiave che Dvoretsky ci insegna è quello della “fortezza“, la forma definitiva dello scudo di pedoni. Una fortezza è una struttura difensiva così solida da poter garantire un pareggio anche quando un giocatore si trova in significativo svantaggio di materiale. È l’ancora di salvezza definitiva quando tutto sembra perduto.
Un esempio lampante si trova nella partita Wolff-Browne (Campionato USA, Durango 1992).

In una posizione di finale considerata persa da molti, il Nero avrebbe potuto costruire una fortezza inespugnabile posizionando i pedoni in h5 e g6. Questa specifica configurazione rende impossibile per il Re avversario avvicinarsi e attaccare i pedoni, neutralizzando così l’arma vincente principale della parte in vantaggio. Come sottolinea Dvoretsky con rammarico da esperto, “Ma, ahimè, nessuno dei due giocatori conosceva questa posizione“. Una lacuna di conoscenza critica, persino a livello di grandi maestri.
Questo concetto è dirompente perché dimostra che posizioni considerate perse a livello amatoriale sono in realtà patte teoriche. Rivela l’importanza di una profonda conoscenza dei finali e trasforma la nostra percezione di ciò che è possibile ottenere in una posizione difficile.
La parte più debole mira a costruire una fortezza, mentre la parte più forte mira a impedirne la costruzione o (se è già stata costruita) a trovare un modo per distruggere le difese dell’avversario.
Lezione 2: il re non è un passeggero, è il guardiano dello scudo
La seconda lezione fondamentale riguarda il ruolo del Re come guardiano dello scudo di pedoni. Una solida struttura di pedoni non è sufficiente da sola; il Re deve essere un partecipante attivo nella difesa.
Dvoretsky evidenzia una tecnica cruciale chiamata “spallata” (Shoulder-charge). Si tratta di un vero e proprio scontro fisico tra i due monarchi, in cui il nostro Re usa il proprio corpo per spingere via il Re avversario dalla zona critica protetta dallo scudo di pedoni. Nella partita Alekhine-Bogoljubow (Campionato del Mondo, 1929),

Bogoljubow mancò la mossa salvifica 70… Re4!. Questa mossa segue una legge difensiva fondamentale: “Il Re nero deve essere posizionato sul percorso del Re avversario“. Non è una buona mossa; è l’unica mossa che obbedisce al principio, creando una barriera insormontabile e assicurando la patta.
Allo stesso tempo, Dvoretsky mette in guardia contro il pericolo correlato: permettere che il proprio Re venga costretto a tornare sull’ottava traversa. Questo evento conduce alla sconfitta. Quando il Re viene respinto sulla traversa di fondo, non può più avanzare per sostenere lo scudo di pedoni. Questo singolo evento frantuma la coordinazione difensiva e trasforma una posizione patta in una persa. Questa lezione sfida la comune errata convinzione che la sicurezza del Re significhi passività. Al contrario, il Re è un pezzo combattente di grande potenza, essenziale per mantenere l’integrità dello scudo difensivo.
Lezione 3: la strana logica degli alfieri contrari — quando il colore giusto è quello sbagliato
La terza lezione ci porta nel cuore della tecnica dei finali, svelando una regola tanto specifica quanto controintuitiva per la costruzione di uno scudo di pedoni in finali con alfieri di colore contrario. In questi finali, come insegna Dvoretsky, le posizioni non vanno “giocate“, ma “costruite“. L’obiettivo non è reagire, ma erigere una struttura teoricamente inespugnabile.
La saggezza convenzionale, insegnata ai principianti, impone di posizionare i pedoni su case di colore opposto al proprio alfiere per massimizzarne la mobilità. Dvoretsky smantella questa idea con una logica profonda e paradossale: per ottenere una fortezza solida, la parte in svantaggio dovrebbe posizionare i propri pedoni su case dello stesso colore del proprio alfiere.
La logica dietro questa regola è impeccabile. Un pedone difeso dal proprio alfiere è invulnerabile all’alfiere avversario, che si muove su case di colore opposto. Questo lascia il Re nemico come l’unico pezzo in grado di attaccarlo, un compito che il nostro Re può facilmente impedire. Questa conoscenza profonda e non ovvia è un marchio di fabbrica della tecnica magistrale e trasforma quello che sembra un semplice finale in una ricca sfida strategica.
Conclusione: i vostri pedoni, i vostri mattoni
Le lezioni di Mark Dvoretsky ci ricordano che la difesa è un’arte ricca di profondità e di risorse inaspettate. Per trasformare i nostri pedoni in un impenetrabile scudo difensivo, abbiamo appreso tre principi fondamentali: l’idea della fortezza come risorsa salvifica definitiva, il ruolo del Re come guardiano attivo e fisico dello scudo, e l’importanza di una conoscenza tecnica profonda, come la costruzione di fortezze con alfieri di colore contrario.
Questi non sono solo concetti da memorizzare. Sono una direttiva strategica: smettete di considerare la difesa come un ripiego e iniziate a vederla come un’opportunità per dimostrare abilità, tenacia e creatività. La difesa non è subire, ma costruire.
La prossima volta che vi troverete sotto pressione, vedrete i vostri pedoni come semplici ostacoli o come i mattoni per costruire la vostra salvezza?
Lo stallo dell’esagerato.

“Il gran ballo” di Erika Pili
Qualche giorno fa durante una delle mie lezioni ho assistito ad un classico “stallo dell’esagerato”: il tipico caso in cui chi è in vantaggio vuole “sadicamente” ridicolizzare l’avversario promuovendo tutti i pedoni rimastigli; è molto frequente che l’ultima promozione metta in stallo il Re difensore con risate generali e rivalsa del giocatore in svantaggio.
Per questa situazione avevo già coniato anni fa un proverbio: “Tante Regine presenti al gran ballo e il Re contento rimane stallo!”, per il quale la mia amica Erika Pili aveva anche realizzato una stupenda litografia che potete ammirare in questo post. Così, volendo trasformare in filastrocca questa “lezione” ho deciso di farne un’ottava, che pubblico di seguito:
Lo stallo dell’esagerato.
Tutti esultanti sono i pedoni
verso la fine del combattimento
quando il Re è in tristi condizioni
e assiste solingo e sgomento
a continue e sprezzanti promozioni
sino a non aver più movimento.
Ma con tante Regine presenti al ballo
il Re infine è contento: perché è stallo!