Martedì, 09 febbraio

Questa settimana è iniziata con due nuovi progetti in una scuola primaria di Sassari, quella che ai miei tempi si chiamava scuola elementare… Entrambi i progetti riguardano due prime, quindi bambini di 6 anni. Ieri ho fatto la conoscenza della 1^ B ed oggi della 1^ A. Si tratta di una scuola in un quartiere “difficile”, ma ormai ho imparato che la difficoltà è endemica nelle classi di ogni ordine e grado.

Detto questo, fare la conoscenza è proprio l’espressione adatta quando si parla della prima lezione: è mia prassi che subito dopo essermi presentato come “maestro del gioco degli scacchi” chiedo ai bambini di presentarsi in ordine: inizio da un angolo sino a finire nell’angolo opposto. I bambini devono ogni volta ripetere i nomi dei compagni che li hanno preceduti (questa ripetizione mi dà modo di memorizzarli più facilmente) e nel frattempo io individuo un bambino o una bambina che non segue con lo sguardo la posizione dei compagni seduti: al termine gli chiedo di ripetere tutti i nomi nell’ordine senza guardarli in faccia.

Questo giochino che dura mediamente 5 minuti mi dà anche altre opportunità: non fare gaffes scambiando una bambina per un bambino o viceversa, cosa “imperdonabile” con bambini così piccoli; mi consente di scoprire subito le defaillances di alcuni, l’irruenza di altri, l’impazienza, la timidezza ecc. Tutto questo serve per stabilire subito un rapporto empatico con la classe e fare in modo che nessuno si autoescluda dal gioco.

Come sempre accade , pure in prima elementare, qualcuno è già venuto a conoscenza del gioco e cerca di intervenire in ogni momento per anticpare i concetti che devono essere spiegati ai compagni. Nel tempo ho utilizzato varie strategie con questi bambini: l’importante e riuscire a farli stare a posto senza fargli perdere il gusto della partecipazione. L’espediente più simpatico, di cui ho già scritto altrove, è quello del fantomatico pezzo del “Petulante” che i bambini “saccenti” non possono naturalmente conoscere. Dico loro “Scommetto che non sai come si muove il petulante…” E questo spesso serve a farli stare più buoni! Altre volte uso disincentivi (“Chi parla senza il permesso perderà il suo turno di gioco”) o incentivi (“Ho una sopresa per tutti, ma la darò solo a chi rispetta le regole!”)

Generalmente la maestra rimane in classe ma è assai raro che si debba ricorrere alla sua autorità, ed è meglio perchè si perderebbe il senso ludico della lezione. La prima lezione è importantissima sotto ogni punto di vista: è qui che si gettano le basi del coinvolgimento e del rispetto delle regole basilari di condotta. Per questo faccio sempre degli esempi umoristici sul non rispetto delle regole e i bambini si divertono molto.

Per questa prima lezione ho adottato il mio metodo ideografico: lavagna speciale con icone magnetiche; proverbi scacchistici e carte scacchistiche. Ma andiamo con ordine: ieri ho presentato ai bambini tutti i pezzi ad esclusione del Cavallo; oggi – la classe era meno rapida – ho fatto vedere tutti i pezzi tranne Cavallo e pedone.

  

 La lezione – in genere faccio sempre così – si è svolta tutta con l’ausilio della scacchiera murale (arricchita appunto da immagini di orme, fuochi e bombe): ogni bambino, in ordine di banco, doveva venire alla scacchiera e mettere un’impronta di dove poteva muovere il pezzo presentato; per ogni errore utilizzo un fuoco (quando si fa il movimento di un altro pezzo ) oppure una bomba (quando si sbaglia completamente), ma curando di fare commenti scherzosi che divertono i bambini e non demoralizzano quelli che hanno sbagliato.

L’importante quando si fa una lezione teorica di un ora intera è che i bambini siano coinvolti costantemente, facendoli andare a turno alla scacchiera murale per muovere i pezzi, complimentandosi tutte le volte che fanno bene ed incoraggiandoli dopo ogni minimo errore; dando loro consigli per non commetterne in futuro…

Al termine della lezione ho distribuito delle carte con la spiegazione del movimento di ogni singolo pezzo: le carte capitano tutte diverse ai bambini, ed io li stimolo a scambiarsele per conoscere più regole possibile! Come ho già avuto modo di raccontare le carte hanno un successo straordinario, che mi consente di lavorare bene, perchè le uso come sistema premiale per la compostezza durante la lezione.

4 Commenti a “Martedì, 09 febbraio”

  • admin says:

    Favoloso, il pokemon-style applicato agli scacchi 🙂

    Ricardo Piana

  • Ernani says:

    Ciao Sebastiano, ti ringrazio della stima che riponi in me anche se non ci conosciamo di persona, ma ti assicuro che è ricambiata.
    Analizzando il blog ho apprezzato il sistema per accelerare la conoscenza dei nomi nel minor tempo possibile.
    Io ho una pessima memoria per i nomi e questo sistema mi piace. Per la spiegazione del movimento dei pezzi penso che di sistemi ce ne sono tanti e quasi tutti buoni.

    Preferisco soffermarmi di più sui sistemi di comunicazione adatti all’età degli allievi.
    Il mio approccio ai bambini è questo : essi richiedono che il nuovo adulto, con cui vengono in contatto per la prima volta, metta dei paletti ben precisi ( confini )nei quali si potranno muovere con tranquillità; cioè mettono alla prova il polso dell’insegnante, e a farlo saranno i più intelligenti, gli estroversi e i ribelli. Questo mi mette nelle condizioni di inquadrare la classe fin dalla prima lezione e ” tranquillizzare ” tutti.
    QUINDI E’ FONDAMENTALE IL DISCORSO D’INTRODUZIONE CHE FACCIO DOPO CHE LA MAESTRA MI HA PRESENTATO.
    Nei primi tre minuti il bambino da un giudizio sull’insegnante che al 90% rimarrà tale per sempre.
    Nel parlare tengo in considerazione che i bambini si dividono in tre categorie : VISIVI, UDITIVI e CINESTETICI.
    I visivi, che usano in prevalenza la vista, li coinvolgo descrivendo quello che dico come se fosse un film.
    Gli uditivi li catturo con continui cambi di voce e di tono.
    I cinestetici li coinvolgo descrivendo le sensazioni che provo nel parlare di un determinato argomento.
    Nel parlare alla classe , ovviamente, ho di fronte tutte e tre le categorie, ma parlando singolarmente con gli allievi prediligo la categoria dell’ascoltatore.
    Piccolo piccolo esempio possibile per riconoscere la categoria: se il bambino non ha capito qualcosa e mi dice che non la VEDE chiara, mi ha detto che è un visivo ; se mi dice che gli SUONA sbagliata mi ha detto che è un uditivo ; infine se dice che la cosa gli PUZZA mi ha detto che è un cinestetico.
    In questa prima presentazione è importante avere la parola, senza interruzioni e quindi applico la massima della comunicazione che dice: CHI PONE LE DOMANDE CONDUCE IL COLLOQUIO.
    Ed ecco le mie prime domande :
    -perché vi siete iscritti a questo corso ?
    -se la classe è stata scelta, chiederò che vi aspettate da questo corso?
    le risposte saranno: per imparare a giocare a scacchi, per diventare bravi, perché è bello giocare ecc. ma non li mollo finché non esce la frase: PER VINCERE! ( Questo avviene sempre fin dalla prima elementare ).
    – a questo punto pongo la domanda fatidica ( è quella domanda che fa si che i miei bambini rarissimamente piangano nei tornei ): CHE BISOGNA FARE PER VINCERE ?
    Qui la risposta, solitamente. arriva dalla terza elementare in poi, e dopo vari tentativi : BISOGNA IMPARARE A PERDERE !
    Forse ti sembrerà eccessivamente semplicistico, ma questo modo di presentazione mi ha dato ottimi risultati agonistici, perché evita inutili sofferenze nel bambino che perde una partita. (Per far capire a fondo il concetto faccio sempre questo esempio che li convince a pieno : “Se io gioco con tutti voi e vinco tutte le partite pensate che torno a casa che sono più bravo ?” al no, sottolineo che loro che hanno perso hanno imparato qualcosa e quindi sono più bravi di prima. Solo perdendo giocando con persone più forti si può imparare, e, quindi, in seguito vincere.

    Ernani Rotellini

  • sebastiano says:

    Grazie Ernani, per il bellissimo commento!
    E’ proprio questo il mio intento con questo blog: come si può vedere il tuo contributo dimostra la grande capacità e professionalità degli istruttori di scacchi italiani.
    Mi piacerebbe che tutti prendano esempio da te e senza alcun timore contribuiscano alla condivisione delle esperienze didattiche: da parte mia l’idea del diario serve proprio per favorire questo scambio di metodologie e di visioni formative globali: sono certo che così come io sino allo scorso anno ero un perfetto sconosciuto per la maggior parte degli istruttori italiani, così ci sono delle realtà sconosciute che sarebbe bello che conquistassero l’attenzione che meritano!
    Quindi al lavoro istruttori!

  • Andrea Rossi says:

    Ciao Sebastiano,
    ho appena messo il link al tuo blog nel mio blog, prova a verificare. Mi piacerebbe avere un riscontro ai miei contenuti, se avrai la pazienza di leggere qualcosa di ciò che scrivo (non è molto, un post circa al mese, ma giusto per farti un’idea del mio orientamento su scacchi-didattica-psicologia, più una polemica con le banche che non posso placare :-)).

    Per quanto riguarda il tuo metodo ideografico invece, credo di aver trovato una miniera d’oro. Non ho ancora molta esperienza di insegnamento, anche se ho acquistato molti libri su scacchi e bimbi, ma devo dire che i contenuti del tuo blog sono di gran lunga più interessanti e fruibili.

    Personalmente ho fatto alcune lezioni introduttive alle scuole medie, e temevo che mi avrebbero preso a “pezzi in faccia”. Fare riferimenti storici e proporre quiz subito dopo la spiegazione di un pezzo, mi ha invece aiutato molto ed è andata meglio del previsto.

    L’interesse degli alunni è poi aumentato esponenzialmente quando ho fatto lezione con il PC e videoproiettore, in quanto la visualizzazione dei concetti con frecce e riquadri (stile Fritztrainer) ha portato una grande attenzione a questi ragazzi così tecno-dipendenti (per la verità lo sono un pò anche io). L’apoteosi quando ho diviso i ragazzi in due squadre con rispettivi portavoce, che dovevano fare una partita su Fritz. Ad ogni mossa davo un commento esplicativo tipo “punti di forza e debolezza”, case rafforzate e indebolite dalla mossa, e ne approfittavo anche per spiegare le funzioni di Fritz, tipo mostra minaccia, spiega mossa etc.

    Infine, ho ideato anche un utilizzo “catechistico” degli scacchi, proprio collegato alla simbologia dei pezzi, ed a quanto questi possano ricordarci pezzi della vita o insegnamenti di Gesù. Non so se sei praticante, ma se la cosa ti incuriosisce trovi un accenno nel penultimo post del mio blog.

    Grazie dell’attenzione

    Andrea-Greenchess

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