Sorso: scacchi semi-giganti.
Stamattina quarta lezione per le classi seconda e terza della scuola primaria di Sorso. Con i bambini di seconda abbiamo visto le regole dell’arrocco e subito dopo ho spiegato i matti fondamentali con le due torri. Prima abbiamo lavorato con la scacchiera ideografica e subito dopo ho fatto in modo che applicassero le nuove conoscenze direttamente sulla scacchiera semi-gigante sistemata sui loro banchi. L’effetto è stato molto coinvolgente e tutti hanno voluto “toccare con mano” il procedimento per dare matto o con le sentinelle, o con i passeggiatori.
Nella terza invece, poiché sono più avanti avendo fatto molte lezioni lo scorso anno, abbiamo fatto una partita ragionando sui principi generali sottolineati dai miei proverbi (“Torre messa presto in gioco, quasi sempre dura poco!” “Chi lascia il centro senza controllo, rischia davvero di rompersi il collo” “Lasciare i pezzi in casa di partenza non è proprio una gran scienza”). Inoltre abbiamo ripassato i valori dei pezzi per i calcoli sul materiale catturato, e infine abbiamo concluso la partita con un classico matto: quello della “soffitta” (La Regina zitta zitta ti fa il matto della soffitta!).
“Ho battuto il maestro!”
Da qualche anno ho scoperto che per attenuare la frustrazione per la sconfitta dei bambini più piccoli (da5 a 8 anni), quando giocano con me, sia quella non di giocar male di proposito per lasciarli divertire (cosa che può essere controproducente), ma girare la scacchiera quando si acquisisce un vantaggio, o meglio ancora ad una mossa dal matto.
Quando capita si gira la scacchiera e si dice: “Ora il Nero dà scacco matto in una mossa, scoprilo!” Il bambino si dimentica in un attimo che giocava coi bianchi e contribuisce alla vittoria del Nero. Quando finalmente scopre lo scacco matto riceve i miei complimenti e non c’è traccia di delusione per la partita che si era messa male.
La gioia è tale che molto spesso quando tornano i genitori per riaccompagnarli a casa la prima cosa che dicono è “Mamma, oggi ho battuto il maestro!”.
Viaggio nella “Theoria”.
THEOS, E’ IN DISGRAZIA?
Theos..è in disgrazia? Il viaggio permetteva al viaggiatore greco di dedicarsi all’autopsia, ovverossia di verificare le conoscenze ch’egli possedeva vedendo tutto “con i propri occhi”.
Per poter praticare l’autopsia, i campioni di scacchi, fino alla caduta del muro di Berlino,si sforzavano di visitare Mosca e le sue scuole scacchistiche.
Curiosamente si è battezzata questa specie di viaggio consacrato alla scoperta di paesi sconosciuti “Theoria”.
Il cambio di mentalità che si opera all’apogeo del secolo di Pericle fà si che la parola “theoria” divenga un termine ambiguo e che i viaggi intrapresi al fine di conoscere nuovi paesi si tramutino in itinerari o pellegrinaggi cosicchè tutto il cerimoniale acquista una tinta religiosa.
“Theoria” si può rapportare a “Thea” (osservare) e a “Theos” (dio). Il teatro (Theatron) è l’arte di osservare il muro…il muro verso il quale convergevano gli sguardi durante le rappresentazioni: la “skenè” o scena.
In genere, nell’antico teatro, questo muro fu distrutto dal tempo (ciò che, per la loro struttura, non avvenne per i gradini).
Grandezza e decadenza della rappresentazione teatrale!
Platone, nelle sue “Leggi”, distingue il viaggiatore che non si accontenta del suo obbligo professionale dai “veri osservatori (theoros) che sono attratti dagli spettacoli artistici (theoremata) che si offrono ai loro occhi ed alle loro orecchie”.
Ludeck Pachman definì la theoria, nel gioco degli scacchi, come “l’insieme delle riflessioni fatte sulla realtà scacchistica partendo dalla pratica”… Theos (Dio) è stato completamente abolito, come si conviene a un’epoca ove i titani hanno sostituito gli dei.
A questo povero Theos in disgrazia non rimane più che la speranza che si avveri la profezia di Testori: “Il XXI° secolo sarà religioso o non sarà “.
Io, (ma mi chiamo Bòlmida…chi è costui?) spero il contrario.





