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Scacchi e letteratura.

M.C. Escher “Concavo e convesso”

Nei giorni scorsi ho proposto a diverse scuole di Sassari e provincia un nuovo e ambizioso progetto multidisciplinare e interscolastico. E’ il risultato di una mia idea che sulla scorta del bellissimo libro di Italo Calvino “Le città invisibili”, in cui gli scacchi giocano un ruolo fondamentale, vengono proposte ai bambini (di quarta o quinta primaria) delle gite di fantasia. I bambini dovranno ripercorrere le città descritte da Marco Polo al Kublai Kan, riscrivere i testi combinando raggruppamenti di pezzi (le batterie) che daranno vita a molteplici “quadri di matto”. Ma dovranno anche inquadrare storicamente e geograficamente i luoghi, dovranno disegnare le svariate città a scacchiera (quasi tutte le città doppie di Calvino) ed i loro personaggi e panorami; dovranno rappresentare alcune scene di vita quotidiana attualizzandole; dovranno insomma scoprire le città invisibili nella loro città.

Oggi ho voluto scrivere un sonetto sul tema delle lunghe chiacchierate serali tra Marco e il Kublai, davanti ad una scacchiera, solo per dimostrare come “Le città invisibili” siano un testo “canovaccio” aperto, nel pieno spirito sperimentale delle letterature potenziali di cui Calvino faceva parte.

Partite.

Su un vasto pavimento bianco e nero
di quadrati grandi e contrastanti
si fronteggiano Kublai, il condottiero,
e Marco Polo, il più noto dei mercanti.

Kublai vede scorrere il suo impero
nelle parole e nei gesti ammiccanti
di Marco, il viaggiator sincero,
come se fossero proprio lì davanti.

E basta dispiegare cianfrusaglie
sulla scacchiera come i personaggi
di quel reame frutto di battaglie

per rivedere uomini e paesaggi
dipanarsi sotto ai loro occhi
come altrettante storie di tarocchi.

 

 

Sopra una conchiglia…..e una scacchiera…..

“Occult su carta”, di Carlo Giuseppe Bolmida

 

Riporto una bellissima reinterpretazione in chiave scacchistica di Carlo Giuseppe Bolmida, di una poesia di Giacomo Zanella che potrete trovare – a fronte del testo rivisitato – sul sito Partecipiamo.

E’ chiuso il quaderno
de’ “matti” famosi;
con tristo costerno
negletta riposi,
riposi tu inutile,
di pezzi un dì fiera,
mia lignea scacchiera.

Occulta nel fondo
d’oscuro armadione,
per te, allor biondo,
non ebbi attenzione,
vagavo coi futili,
con femmine a schiera,
ed eri chimera.

Per quanta vicenda
di lente stagioni
riempisser l’agenda
di mille occasioni,
da te io, volubile,
e senza rimorso,
non ebbi soccorso.

Ancor sembra ieri;
sul Pado pur ora
assai volentieri
stringevo una mora;
ragazze cantavano,
e il remo tendea
verso il Cerea. (*)

E’ fresca la polve
che il tempo perduto
da crapule involve.
Già sono canuto,
e appena l’ostetrica
posommi pian piano
sopra il divano!

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Capo Horn

Uccello di fuoco sulla città degli Scacchi di C.G. Bolmida

Pezzo pubblicato dal SECOLO XIX suppl. IMPERIA:
il mio ricordo di capo Horn di Carlo Giuseppe Bolmida  

VOGLIO DOPPIARE CAPO HORN

Ma Capo Horn e’ veramente “piu’ facile” di quello che dicono?

Se il sottoscritto Carlo Bolmida, dentista torinese,   marinaretto, cittadino Imperiese ad honorem, di stanza a Porto Maurizio sul suo Camon, ha doppiato Capo horn in barca, a vela ben inteso, allora possono farlo tutti gli appassionati, diportisti della domenica o poco più.

Basta un formidabile amore per il mare, l’avventura e un bel po’ di coraggio.
Da tempo ormai cullavo in un sogno, alimentato da mille letture di mare, questa “impresa”. Nel settembre 1983, appena tornato dalle mie piccole navigazioni estive, con la fantasia ho finalmente  mollato gli ormeggi !

Per un’esperienza cosi’ intensa ed assoluta la cerchia di possibili compagni e’ molto ristretta, limitata a quelle poche amicizie di ” molte miglia e di lungo sorso “, rare da costruire anche nella esigua cerchia di appassionati.
Antonio va pazzo per il mare, ma…au large! Nini ha ben altro per la testa, lui che gli oceani li ha percorsi in longitudine e latitudine, Alberto viene a vela ma con una fifa nera, rimangono Luciano, che mai eviterebbe un avventura e Ezio, entusiasta marinaretto…a terra.

Ma comunque sono fortunato! dal 1982 conosco Nini Sanna , capitano vero e di lungo corso, con il quale ho conseguito una dura e “vera” patente di navigazione oltre le 20 miglia, sostenendo, alla Capitaneria di Porto Maurizio feroci esami sotto le forche caudine dell’ammiraglio Agostino Imperatore.

Con Nini ho condiviso lunghe ed entusiasmanti giornate di mare.  Molte, le più eccitanti, invernali. E’ stato il mio Maestro.

Ma il Nini proprio non puo’ venire, però si da da fare per cercarci una sistemazione! Al primo accenno di questa possibile avventura sto gia’ navigando con Ezio e Luciano sulle ali del vento!

A quelle latitudini ci sono solo una decina di barche a noleggio disponibili per diversi itinerari : doppiare il Capo, andare in Antartide, visitare i ghiacciai della Patagonia, con navigazioni che variano da una settimana a 2 mesi.

Il tempo disponibile nel periodo di febbraio-marzo (la stagione migliore), barcamenandoci tra impegni di lavoro e famiglia, è di 15 giorni; il budget di circa 3 milioni a testa. Studiando le offerte delle varie imbarcazioni, l’attenzione di Sanna si concentra sul grande Alex Carozzo, che lui ben conosce, navigatore in solitario famosissimo, del quale io ho… soltanto tutti i libri, ( come del resto di tutti gli altri grandi, a cominciare da Joshua Slocum e Vito Dumas) e che ha posto qui una sua base.

E’ il costruttore e armatore del “Gindungo”, 17 mt. in acciaio , doppio scafo, armato a cutter, in quanto offre, a suo e mio parere, il miglior triplice rapporto sicurezza/qualita’/prezzo.

In primis: l’ha progettato lui: Carozzo!  e poi c’e’ “Mono”, marinaio d’altri tempi, tanto burbero quanto bravo ed affidabile, depositario delle migliori tradizioni della marineria da diporto dei mari del sud (uno che non si spinge mai su a nord verso Buenos Aires perche’ secondo lui fa troppo caldo!) e, un’autentica leggenda in quei mari..

Essendo quasi sempre in navigazione, la trattativa per l’imbarco avvenne nei brevi suoi momenti a terra, e per questa ragione, si e’ protratta per 4 mesi !

La barca, tanto robusta che di piu’ non si puo’, disloca 26 tonnellate e oltre ad una grande ruota ha una barra di rispetto! ..una proboscide di elefante!

Monta a prua 2 avvolgifiocchi, uno sul bompresso, con rispettivamente yankee e fiocco, piu’ un terzo strallo con trinchetta ed un quarto strallo volante perche’… non si sa mai ! La randa e’ molto grande, con 3 mani di terzaroli, ed infatti non l’abbiamo mai issata per intero.

Per quelle latitudini, pur nella stagione buona, occorre comunque equipaggiarsi bene. io e Ezio, ogni mattina nell’ordine indossavamo : -calzettoni di pile sottostivali ( altri 3 di scorta ) -mutande e maglietta polo in cotone sulla pelle ( altri 4 di scorta e mutande a volonta’… ) -tuta termica in meraklon pesante ( altre 2 di scorta ) – maglione di lana ( altri due di scorta ) -stivali in gomma -una tuta intermedia in pile pesante tipo orsetto con rivestimento antistrappo composta da salopette e giacca (musto ) -una cerata invernale in goretex (musto hpx) -guanti da sci ( un altro di scorta ) -cappello ( altri due di scorta perche’ si perdono facilmente nel vento) -scaldacollo ( un altro di scorta ) pur essendo a latitudini estremamente basse ed il sole quasi sempre all’orizzonte, il buco nell’ozono li’ e’ una voragine, pertanto sono indispensabili occhiali da sole polarizzati e molto avvolgenti e creme solari ad alta protezione. Si sono anche rivelate risolutive le salviettine imbevute ( molte molte ) e lo iodosan per motivi che non sto a spiegare nei dettagli….!

Il tutto contenuto in una sacca di circa 35 kg che le “Aerolineas Argentinas”, bonta’ loro, ci avevano autorizzato come extra peso a differenza di tutte le altre compagnie aeree.

La navigazione da noi scelta, complessivamente di circa 300 miglia si svolge tra le isole dell’Arcipelago di Wollastone, con itinerari variabili scelti dallo skipper, in funzione delle condizioni metereologiche.

Decollati da Torino con scali a Roma e Buenos Aires atterriamo finalmente ad Ushuaia, mitica Ushuaia, la citta’ della fine del mondo, dove mi rendo piacevolmente conto che il fuso orario di 4 ore non mi da alcun fastidio.

E, finalmente,  li’ veramente si sente il respiro del Capo!

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