Matto delle sentinelle.

Questo pomeriggio con i bambini di via Forlanini abbiamo letto e commentato la filastrocca del “matto del pescatore” e poi abbiamo fatto una lezione di ripasso per riprendere uno dei matti fondamentali quello con le due torri, secondo il procedimento che ho voluto denominare delle “sentinelle“.
Una rima pertanto era proprio la parola sentinelle e la seconda è risultata essere “avanti”. I bambini, come di consueto hanno preso gusto a ricercare delle rime per la filastrocca che propongo di seguito e hanno anche mostrato di non aver dimenticato il procedimento che gli avevo insegnato in prima elementare e che avevo riproposto come ripasso anche nelle prime lezioni dello scorso anno e di quest’anno.
Infatti, incredibilmente, questi finali se non sono costantemente ripassati rischiano di essere dimenticati non dai giocatori più bravini, ma dalla classe nel suo insieme. Tuttavia ho ricevuto matto in una decina di mosse, segno che la storia abbinata alle due “sentinelle” ha un ottima presa sulla memoria. Spero con questa filastrocca di renderla ancora più indelebile. La chiusura mi è stata ispirata da una piccola poesia di Ilaria F. che riecheggia il celebre verso dantesco “E quindi uscimmo a riveder le stelle“. (Io e la maestra Michela siamo sempre più meravigliati da questo splendido gioco che sta trasformando la fantasia dei bambini.)

Matto delle sentinelle.

Questa è la storia di due torri gemelle
delle più forti tra tutti gli attaccanti,
che facevano da attente sentinelle
al Re opponente rimasto senza fanti.
Erano proprio arpìe le due sorelle
a spingere il sovrano sempre avanti
e ridevano pure a crepapelle
e dal fuggiasco restavano distanti.
Povero Re costretto a stare imbelle
contro i tiri di quei pezzi pesanti,
nella fuga si sfilavan le bretelle
il mantello gli cascava davanti
e più avanzava e meno avea caselle
sotto gli attacchi sempre più incalzanti.
Alla fine arrivò a veder le stelle
e tutti i santi e compagnie cantanti.

Durante le partite ho catturato anche un momento particolare di quello che ho denominato il “matto della foresta”, chissà che prima o poi non ci dedichiamo una nuova filastrocca.

Il Bianco muove a dà matto in una mossa.

Il matto del passante.

Stamattina, dopo il “forfeit” per neve della scorsa settimana, ero ad Osilo con i bambini della scuola primaria. Con la terza abbiamo provato a “inventare” nomi di fantasia per alcuni quadri di matto. La novità li ha molto divertiti e ne abbiamo catalogato alcuni: il matto della scala, della chiave inglese, della freccia e del cubo.

Con i ragazzi di quarta invece, che trovo molto portati per gli scacchi rispetto alla media delle classi che ho avuto modo di seguire, abbiamo fatto una partita sulla scacchiera murale (durata solo 12 mosse) che ripropongo di seguito perché illustra quello che io ho denominato il matto del passante, che è caratterizzato dal colpo finale inferto da un pedone! (Per passante io intendo naturalmente un pedone che passa lì per caso, ma non mi dispiace anche il doppio senso del passante della porta! ). Ho spiegato loro che le troppe mosse di pedoni, tipiche dei principianti, lasciano l’avversario con un grande vantaggio di sviluppo e quindi una notevole scelta di piani di attacco.  Dopo la spiegazione dei loro errori li ho fatti giocare tra loro.

In quinta invece ho voluto riproporre la miniatura, fresca fresca, del matto del passante, con la variante di chiedere agli allievi di indovinare le mie mosse. Sono rimasto favorevolmente sorpreso che le ultime 5 mosse forzate sono state trovate anche dai bambini di 5^!

[pgn

[Event “?”]
[Site “?”]
[Date “2012.02.15”]
[Round “?”]
[White “Sebastiano”]
[Black “4^ A, primaria Osilo”]
[Result “1-0”]
[ECO “B00”]
[Annotator “,Sebastiano”]
[PlyCount “23”]
[SourceDate “2012.02.15”]

1. e4 Nc6 2. d4 a5 $6 3. d5 Ne5 4. Bf4 Ng6 5. Bg3 f6 $6 6. Nc3 h6 $2 7. Qh5 Kf7
8. Bd3 b6 $2 9. e5 e6 10. Qxg6+ Ke7 11. d6+ cxd6 12. exd6# 1-0

[/pgn]

Ossi: scacchi alla scuola dell’infanzia.

Ieri mattina, sfidando la neve, ho iniziato un nuovo corso di scacchi presso la scuola dell’infanzia di Ossi, un paesino vicino a Sassari. La classe dele maestre Giuseppina Capitta, Margherita Nieddu e Antonella Sanna è composta di 24 bambini (di cui 3 erano assenti) di 5 anni di età, mese più mese meno. La giornata di ieri è stata di presentazione e come di consueto ho fatto con loro il gioco dei nomi. Mi sono presentato come maestro di gioco e ho chiesto loro se sapevano cosa era il gioco.

Con la classe si è creato subito un buon rapporto, tanto che la lezione si è protratta oltre un’ora! Per catturare l’attenzione ho ripescato dalla mia esperienza un’idea di Carmelita Di Mauro, integrandola col mio metodo ideografico. Si tratta della possibilità di far fare ai bambini una piccola ma significativa esperienza con il valore monetario. Mentre facevo coi bambini il gioco dei nomi (grazie al quale ho potuto rapidamente memorizzare tutti i loro nomi) ho chiesto alla maestra di tagliare dei fogli di carta affinché ne potessimo dare 3 per ogni bambino.
Quando i pezzetti di carta erano disponibili ho chiamato alla cattedra ogni bambino e gli ho chiesto di ripetere, senza guardare, l’ordine esatto dei bambini.  Non appena si verificavano delle “defaillances” (i bambini di questa età sono spesso molto timidi, e ritrovarsi addosso gli occhi di tutta la classe può essere per loro “destabilizzante”) facevo un complimento di incoraggiamento, consegnavo le tre “banconote” di carta bianca e passavamo ad un altro bambino.

Una volta che tutti avevano ricevuto i tre “soldini” ho spiegato a cosa sarebbero serviti. Ho detto che chi avrebbe parlato senza aver prima alzato la mano avrebbe pagato “un soldino”. Per il momento la spiegazione era più che sufficiente per ottenere una certa disciplina. Quindi ho chiesto loro (“Mi raccomando, alzando prima la mano!”) di inventarci le regole per fare un gioco.
Non sono passati neanche 5 secondi che Andrea ha alzato la mano: “Giocare insieme daccordo”. “Bravissimo!” ho esclamato io “Questa è una bellissima regola: per giocare bisogna essere daccordo coi compagni che si vuole giocare! Ecco ti sei meritato un soldino!” E così dicendo gli ho consegnato il suo premio.

Sara ha sollevato la mano. “Dimmi Sara” (Chiamare per nome bambini così piccoli instaura un rapporto molto familiare!). “Non bisogna bisticciare”. “Ma bene! Sono daccordo: non bisogna litigare. Ecco anche a te un bel soldino!” A questo punto una grande euforia ha caricato i bambini che vinta la iniziale timidezza hanno iniziato a sollevare le mani. Quando c’è un simile imbarazzo della scelta di solito vado a “pescare” quelli che mi sembrano più timidi, o che hanno fatto con riluttanza il gioco dei nomi. Il loro coinvolgimento è di capitale importanza, se non si vuole che vivano come una “penitenza” l’appuntamento con la nostra lezione.
Molti di loro hanno a questo punto rinforzato l’ultimo concetto: “Non si tirano pugni”, “Non si danno calci”, “Neanche schiaffi” ecc. E allora abbiamo ribadito: “Ok, come ha detto Sara non si deve bisticciare e questo vale per tutte quelle cose che fanno male ai compagni.” A questo punto Carlo ha alzato la mano ed ha atteso che gli dessi la parola: “Non si disturba!” “Bravissimo!” con molta enfasi ho scritto sulla pagina la regola di Carlo. “Siete tutti daccordo?” La classe ha acconsentito ed io ho premiato Carlo con un soldino.
Poi è stata la volta di Asia: “Prestarsi i giochi” che è diventata la regola “Collaborare”; di Miriam: “Fare silenzio”; di Paolo: “Non si rompono i giochi” che è diventata un più generico: “Non si rompe!” tra le risate generali; ancora di Asia: “Mettere in ordine i giochi”; di Sara: “Seduti composti”. A ciò, anche la maestra ne ha voluto aggiungere una di capitale importanza: “Si fa attenzione”.

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